Interventi. Giovanni M. Tridico


REALISMI E RAZIONALISMI

di Giovanni Massimo Tridico




A circa trent’anni dalla scomparsa sia di Anna Magnani che di Vittorio De Sica è doveroso un omaggio ideale al padre del cinema Italiano. Fu come “regista galantuomo” che Vittorio De
Sica si distinse , nel dopo guerra , a partire dal film “Ladri di biciclette” del 1948 . La pellicola, ben interpretata dal garagista Lamberto Maggiorani e dal piccolo Enzo Staiola (il quale sarà commovente interprete del film “Il Ferroviere” diretto da Pietro Germi), fece subito discutere. L’opera, girata in rigoroso bianco e nero (visti i modestissimi mezzi economici a disposizione della produzione) , fece scalpore sia per i contenuti che per i pochi incassi ai botteghini. Il film, negli
anni dopo la seconda guerra mondiale , fu frettolosamente criticato e superficialmente censurato anche dal mondo politico. Infatti , per la Democrazia Cristiana dell’epoca, il “Neorealismo” dei vari registi Roberto Rossellini (“Roma città aperta” e “Paisà”), Luchino Visconti (“La terra trema”), Pier Paolo Pasolini (“Accattone” e il “Vangelo secondo Matteo”), Fellini (“La strada”) e Vittorio De Sica ( il quale suscitò ancora più scandalo con le pellicole “Sciuscià” ed “Umberto
D.”), cominciava a diventare scomodo e fastidioso. Basti pensare che in seguito all’uscita del film “Ladri di biciclette” , intervenne persino l’Onorevole Giulio Andreotti (già sottosegretario al Ministero della Cultura all’epoca della inaugurazione di “Cinecittà in Roma”) tramite una “sottile e sibillina” missiva con la quale si criticava l’operato del regista Vittorio De Sica e lo si invitava “garbatamente” a “lavare i panni sporchi in casa” astenendosi dall’esportare il film all’estero.
Comunque, a parte la censura politica democristiana, il nuovo linguaggio cinematografico del “Neorealismo” (che trasmetteva immagini di vita quotidiana : dove i registi “giravano” le loro storie fuori dai teatri di posa, in mezzo alla gente, nelle città e nelle campagne che portavano ancora i segni indelebili della seconda guerra mondiale e che spesso si avvalevano di attori
non professionisti) seppe svilupparsi “con successo” anche fuori dall’Italia. Negli anni sessanta, dopo anni di carestia e di scarso successo, De Sica riuscì al fine a trionfare con i premiati film “La ciociara” (film desunto dal romanzo di Alberto Moravia , dove Sofia Loren vinse l’oscar come migliore attrice ) ed “Il giardino dei Finzi- Contini” (pellicola tratta dal famoso romanzo di
Giorgio Bassani dove si narrano con coraggio le alterne vicende di una agiata famiglia ebrea
di Ferrara , la quale viene sconvolta dagli orrori delle leggi razziali volute dal Fascismo del Duce Mussolini).
In campo artistico il movimento che accomunò spiritualmente scrittori, pittori e registi , fu il “Realismo sociale”che maturò nel clima drammatico del post-seconda guerra mondiale e che si realizzò nel periodo storico immediatamente seguente la conclusione del conflitto bellico. In questo periodo emerge la forte personalità del siciliano Renato Guttuso (1912-1987) . L’artista, come De Sica e gli altri registi Neorealisti, fu autore di grandi opere pittoriche –dal contenuto
narrativo e sociale – che fecero subito molto scandalo suscitando un vespaio di polemiche : “L’eruzione dell’Etna” , “L’occupazione delle terre” e “Crocifissione” giusto per citarne alcune. Nonostante la spiccata bravura tecnica, dal segno vigoroso e dai colori intensi (come le ferite della popolazione civile che innocentemente era rimasta vittima dei sogni allucinanti del regime Fascista), con accenti pittorici che richiamavano la sintesi cubista del famoso Pablo Picasso. Persino lo scultore “Leoncillo” , con una immagine plastica in terracotta policroma di una donna uccisa dai nazisti, probabilmente ispirata ad un fatto di cronaca a cui l’artista aveva assistito, preannuncia il “Realismo drammatico” di Roberto Rossellini (amante dell’attrice Anna Magnani della quale nel 2009 si celebra il centenario dalla nascita) il quale girerà i suoi primi film (pellicole-documentari sulla guerra del mare: “Uomini sul fondo” ed “Alfa tau”) , in collaborazione con il “Comandante” della M.M. Francesco De Robertis, persino nei capannoni della ex Stazione Torpediniere nell’Arsenale di Taranto. In campo architettonico, invece, a partire gia dal 1930, assistiamo agli anni del “Razionalismo.” Come dimenticare le opere del “Gruppo 7” ed il Movimento italiano per l’architettura razionale (MIAR). Sono gli anni di Giovanni Michelucci (Stazione di Santa Maria Novella, 1933-35 Firenze) ed anche dell’Arch. Marcello Piacentini e della “città Universitaria” . Per gli edifici universitari vengono selezionati, dal Piacentini, alcuni tra i maggiori architetti italiani dell’epoca: Giuseppe Pagano (1896-1945) direttore della rivista “Casabella”, per l’Istituto di Fisica, Pietro Aschieri (1889-1952), romano, e per quello di Chimica, Giò Ponti (1897-1979) milanese - direttore della rivista “Domus” ed
autore ispirato della Concattedrale di Taranto. Un’opera questa, progettata a cavallo degli anni ’70 voluta dall’Arcivescovo Guglielmo Motolese , si caratterizza per un verticalismo di modello gotico e per un bianco candore della “Vela” e delle facciate esterne (“Era come se il mondo stesso, scrollandosi di dosso la sua vecchiezza, si rivestisse d’un bianco mantello di cattedrali” –citazione di Rodolfo il Glabro , monaco e cronista dell’XI secolo) . Essenzialmente la “Vela”, come cita il critico Luigi Moretti, è una facciata sul cielo. A questo proposito lo stesso Ponti dice: “Ho pensato: due facciate. Una, la minore, salendo la scalinata, con le porte per accedere alla chiesa. L’altra , la maggiore, accessibile solo allo sguardo e al vento: una facciata “per l’aria”, con ottanta finestre aperte sull’immenso, che è la dimensione del mistero”.



Bibliografia essenziale:
“Cinema sul fondo” del CSC, Centro studi cinematografici di Roma, di Cosimo
Battista e Massimo Causo, Provincia di Taranto, Ass. alla Programmazione
Culturale;
“Storia dell’Arte Italiana”, di Carlo Bertelli, Giuliano Briganti e Antonio Giuliano,
Electa -Mondatori, 1992;
“Grandi Peccatori, grandi Cattedrali”, di Cesare Marchi, Rizzoli, Milano 1987;
“Giò Ponti, l’opera”, di Lisa Licitra Ponti, Leonardo Editore, Milano 1990.

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