tag:blogger.com,1999:blog-54983460031888507932024-03-05T14:30:00.374-08:00ARCHITETTI TARANTO BlogArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.comBlogger16125tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-70881743621501648282009-07-31T12:00:00.000-07:002009-08-28T09:17:49.057-07:00ArchitettiTaranto n. 2/2009<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitQinzc9Uo1DtkmGkZf9MQ47nAYmcOiDiF50tOFZ9Kf-fEISVcI5e1a3QvUvT1RS05wO8m1cqEj-50QvDQH5mVJt7lHrbgXqS-4aaWD4M2V4Fx-JIM9jNIcLMBNfbzWyX-QwIYjtvMkPk/s1600-h/Copertina+2.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5375049185903393986" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 379px; CURSOR: hand; HEIGHT: 400px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitQinzc9Uo1DtkmGkZf9MQ47nAYmcOiDiF50tOFZ9Kf-fEISVcI5e1a3QvUvT1RS05wO8m1cqEj-50QvDQH5mVJt7lHrbgXqS-4aaWD4M2V4Fx-JIM9jNIcLMBNfbzWyX-QwIYjtvMkPk/s400/Copertina+2.jpg" border="0" /></a><br /><div><div style="TEXT-ALIGN: center"><span style="font-size:130%;"><span style="FONT-WEIGHT: bold">E' uscito il n. 2<br />di <span style="COLOR: rgb(204,0,0)">ARCHITETTITARANTO</span></span></span> </div><div style="TEXT-ALIGN: center"><strong><em><span style="font-size:130%;">quadrimestrale dell'Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Taranto</span></em></strong></div><div style="TEXT-ALIGN: center"> </div><div style="TEXT-ALIGN: center"><strong><span style="font-size:180%;color:#cc0000;">Buona lettura!</span></strong></div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-78668300477424760062009-07-31T11:00:00.000-07:002009-08-28T09:09:51.477-07:00Editoriale<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgJIboe7TBOURnOYBR1GdaDelRIwQEni-G5EuOklcYMWocoNyi5OBj8bKvH8xpJbj-McQjHbrAJcjfhyVg8oyMK879CVHtAT_v39AWjLIMc5P3Lr_wMq7aRed_Jb4WUYWMVVZTzo8Kptg/s1600-h/pag_4.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373929825883739794" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 246px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgJIboe7TBOURnOYBR1GdaDelRIwQEni-G5EuOklcYMWocoNyi5OBj8bKvH8xpJbj-McQjHbrAJcjfhyVg8oyMK879CVHtAT_v39AWjLIMc5P3Lr_wMq7aRed_Jb4WUYWMVVZTzo8Kptg/s400/pag_4.jpg" border="0" /></a><br /><div><div><div style="TEXT-ALIGN: center"><span style="font-size:130%;">EDITORIALE</span><br /><br /><em style="FONT-WEIGHT: bold; COLOR: rgb(153,0,0)"><span style="font-size:180%;">PENSARE/FARE QUALITA'<br />BINOMIO POSSIBILE IN ARCHITETTURA?</span><br /></em></div><br /><div><br />Bruno Zevi scrisse: “L’architettura è il termometro e la cartina al tornasole della giustizia e delle libertà radicate in consorzio sociale. Decostruisce le istituzioni omogenee del potere, della censura, dello sfascio premeditato e progetta scenari organici.”<br />Una così efficace ed appassionata definizione dell’architettura rende possibile ad ogni semplice cittadino la comprensione che un contesto urbano “brutto” è figlio del suo tempo e del contesto umano in cui è sorto e si è consolidato.<br />Non è altrettanto detto però che eliminando il brutto intorno a noi la società possa diventare improvvisamente e conseguentemente più giusta, libera e democratica.<br />Gli architetti, soggetti deputati a proporre con forza elementi di miglioramento degli spazi urbani, hanno oggi la tensione etica e la forza culturale tale per porre come obiettivo del proprio operato la ricerca del “bello”, del meglio, in un solo termine, della qualità? Dopo aver focalizzato nel suo numero uno le problematiche a scala territoriale e le risorse di cui dispone la provincia di Taranto, i suoi nodi critici e le sue aspettative di crescita e sviluppo, non è casuale allora che<br />ARCHITETTITARANTO abbia immaginato di dedicare il suo secondo numero al tema della “qualità nel pensare/(fare) Architettura”.<br />Così, proponendo di fatto un numero doppio (il primo, AT2, più proiettato alla “scala urbana”, ai “vuoti”, mentre il secondo, AT3, tratterà dei “contenitori/edifici”, i “pieni”). ARCHITETTITARANTO si pone l’obiettivo di concludere un percorso conoscitivo e analitico e di focalizzazione per successivi approfondimenti di scala, attraverso la lettura di alcuni dei “materiali” d’elezione dell’essere Architetto, il territorio, la città e l’abitare.<br />La città appare un luogo dove la qualità è ancora un obiettivo da raggiungere piuttosto che un punto di riferimento certo. Molto più spesso la città del passato porta in sé caratteri di qualità che oggi con più difficoltà si esprimono nei nuovi interventi a scala urbana. Gli spazi pubblici, i vuoti urbani non sono riempiti di contenuto e sono sempre più volte ridotti a luoghi non luoghi, espropriati del loro ruolo aggregativo mentre la città continua a crescere su se stessa, apparentemente senza un disegno organico e strutturale.<br />La questione allora che da architetti ci si pone è quindi se si possa parlare o meno ancora di “progettazione urbana”, se possa reclamarsi coerentemente una dimensione “sociale” degli spazi urbani, se possa essere immaginabile recuperarne il significato attraverso una reale progettazione di qualità. Ma la domanda più difficile a cui rispondere è quale possa essere il ruolo dei “professionisti dell’edilizia” e quali le responsabilità, etiche, professionali e morali, della società, della politica, delle amministrazioni, dei progettisti, dei costruttori, ma soprattutto quali le svolte possibili per invertire una tendenza che appare incontrovertibile.<br />Non è un caso si sia scelto di iniziare la nostra disamina sui temi della qualità proprio dall’Aquila.<br />Il terremoto abruzzese, il disastro naturale del sisma unito alla scelleratezza umana di progettisti<br />e costruttori dissennati, ha fornito lo spunto per una valutazione attenta e senza sconti del ruolo del progettista e delle sue gravi responsabilità soprattutto in occasione di eventi di questa natura.<br />In questo contesto abbiamo scelto di raccontare l’esperienza del soccorso alla popolazione aquilana e di affidare il racconto alla nostra Tonia Marsella che con il suo diario di viaggio ha saputo tracciare un resoconto profondo e appassionato della sua settimana da volontaria sul campo a L’Aquila.<br />Con la pubblicazione del suo primo numero ARCHITETTITARANTO si è posta da subito come interlocutore per contribuire al dibattito sul ruolo dell’architetto e dell’Architettura nel nostro territorio, sui suoi limiti e sulle sue opportunità, oltre che come luogo di confronto e veicolo di comunicazione del punto di vista degli Architetti, delle ragioni della categoria.<br />Al fine di incrementare gli strumenti a disposizione dei lettori, il Comitato di redazione ha istituito da qualche mese un blog (http://architettitarantoblog.blogspot.com/) sul quale ogni lettore può partecipare al dibattito in corso e potrà fornire il proprio contributo intervenendo direttamente sui temi già sviluppati nella rivista cartacea o su qualsiasi altro argomento di interesse per la professione.<br />Dobbiamo però rilevare come, ad oggi, davvero scarsa sia stata da parte dei colleghi l’affluenza al blog e come non sia stato “postato” alcun commento sui temi affrontati. Così come poca attenzione sia stata riservata all’invito rivolto a tutti i colleghi per l’invio di interventi e contributi scritti per la rivista.<br />Ciò nonostante, è comunque volontà del Comitato di redazione di potenziare il blog, inteso come strumento veloce ed immediato di interazione e confronto tra i colleghi, estendendo nuovamente a tutti l’invito a partecipare alla costruzione della Rivista che nasce e si consolida come l’organo ufficiale dell’Ordine degli Architetti, PPC della Provincia di Taranto.<br />Buona lettura.<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Il C.d.R. di ArchitettiTaranto</span></div></div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-83464597706097396692009-07-31T10:00:00.000-07:002009-08-28T09:10:02.930-07:00Diario di viaggio.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUPxsEttN_D9puIEvtlktddTui_Q3hy1uoVT2ZsxFDsEFk0TSrrMZCX8SiemFGdxgN96jTU2VkU3Zb7dx5dsfjLTdfd22E0mTrxp8lklHjuf8Djog_wGTHCNPPhwfmEes3dBmPu4icFAQ/s1600-h/pag_6.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373841713197886466" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 240px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUPxsEttN_D9puIEvtlktddTui_Q3hy1uoVT2ZsxFDsEFk0TSrrMZCX8SiemFGdxgN96jTU2VkU3Zb7dx5dsfjLTdfd22E0mTrxp8lklHjuf8Djog_wGTHCNPPhwfmEes3dBmPu4icFAQ/s320/pag_6.jpg" border="0" /></a> <div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><span style="FONT-WEIGHT: normal; FONT-STYLE: italic">Diario di viaggio</span> </span></strong></div><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><br /><span style="COLOR: rgb(153,0,0)">E POI SI RITORNA A CASA...</span><br /><br /><span style="font-size:85%;">di Tonia Marsella</span><br /></div></span></strong><div align="center"><br /></div><div align="left">E poi si ritorna a casa... e niente è più come prima! Negli occhi e nel cuore, piantati come chiodi, le immagini di questi giorni, non più “guardate” attraverso i vari TG o gli approfondimenti, non più “sfogliate” sulle pagine dei giornali, ma lì davanti a me, ferite aperte, monumenti al dolore, macerie rese sacre da quanti non ci sono più, dalle migliaia di storie sepolte lì sotto, cambiate per sempre.<br />Ho camminato tra quelle rovine come nella più “sacra” delle Cattedrali... quel peluche appeso a quello scheletro di muro è il Crocifisso, il biliardino l’Altare e quella bambola, spettinata e rotta,<br />la più dolce delle Madonne... ai piedi di mille croci.<br />Ora tutto ha un altro sapore! Anche (o soprattutto) i gesti più semplici, quelli di tutti i giorni, che si fanno automaticamente, senza pensarci su: aprire il frigo per prendere qualcosa di fresco; chiudersi in camera per stare un po’ con se stessi, leggere un libro, ascoltare un cd;<br />scegliere qualcosa di carino e comodo da mettersi; telefonare ad un amico... In una tenda tutto questo non è possibile!... e non è un campeggio con gli amici dove ogni disagio ha il gusto dell’avventura e della novità... e poi si ritorna a casa e tutto è come prima!<br />Ho avuto il grande privilegio di ascoltare questa gente e di conoscere qualcuno dei tanti “angeli” che si prendono cura di lei (tante cose non vanno e non sono come vogliono farci credere,<br />ma non voglio parlarne oggi; chiedo solo di non accettare mai passivamente tutto ciò che ci viene detto ma di verificare sempre).<br />Questa gente mi ha aperto il suo cuore, mi ha raccontato il terrore di quei momenti, la paura del “dopo”, la loro vita sbriciolata insieme alle loro case che avrebbero dovuto proteggerla, in quegli<br />interminabili 30 secondi.<br />“Grazie per tutto quello che fate per noi”... e mi sono sentita piccola perchè, in fondo, che ci vuole?! A noi, che abbiamo tutto, non costa nulla organizzare una raccolta, fare un po’ di spesa in più, saltare su una macchina e raggiungere l’Aquila, affrontare il freddo, la pioggia, dormire per terra... la nostra casa, la nostra vita di sempre è lì che ci aspetta. “Per noi è importante sapere che ci siete, che pensate a noi, che vi date da fare, che ci siete vicini”... e avrei voluto abbracciarli tutti!<br />E poi si ritorna a casa... col cuore pesante. Dentro, a farmi male, mille domande e neanche una risposta... e il viaggio si fa quasi tutto in silenzio perché le parole non bastano a raccontare il dolore e la rabbia per ciò che poteva essere evitato. E in mezzo alla rabbia e al dolore, testarda come sempre, la speranza (molto flebile in verità) che un giorno l’uomo possa finalmente imparare dai propri errori… ma è ancora troppo buio intorno e proprio non riesco a vedere i<br />delicati colori di un giorno nuovo…</div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-31085770571526434292009-07-31T09:00:00.000-07:002009-08-28T09:10:28.432-07:00Terremoto de L'Aquila<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyF8q4xFxW2hktrLUK6X-e_vaJx6eYNSyew6XiOEqoo2yl04xh_U3oQPe5JsTP9Yw1jGmSzmAqBVt9zrS30tBkDRD7ia7CkdKW3CWW9UESnu6RWL08LavJujZIqYxmw9BC6m4PcK_RV_8/s1600-h/pag_7.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373843045789755698" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 137px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyF8q4xFxW2hktrLUK6X-e_vaJx6eYNSyew6XiOEqoo2yl04xh_U3oQPe5JsTP9Yw1jGmSzmAqBVt9zrS30tBkDRD7ia7CkdKW3CWW9UESnu6RWL08LavJujZIqYxmw9BC6m4PcK_RV_8/s400/pag_7.jpg" border="0" /></a><br /><br /><div><div align="center"><strong><br /><span style="COLOR: rgb(153,0,0);font-size:180%;" >L'AQUILA: CRONACA DI UNA FINE ANNUNCIATA</span><span style="font-size:180%;"><br /></span></strong></div></div><div></div><div><div><br /></div><div align="center"><em>di Massimo Prontera</em></div><div><br /></div>6 aprile 2009. Ore 3.32. La provincia de l’Aquila viene svegliata da un boato senza precedenti. La terra inizia a tremare come mai negli ultimi decenni. In pochi attimi della città storica ed elegante<br />dell’entroterra abruzzese restano macerie e nuvole di polvere, urla e grida strazianti. Nella notte tra la domenica delle palme ed il lunedì successivo i cittadini di L’Aquila e di altre località della sua provincia perdono tutto, casa, attività lavorative e professionali. Perdono amici, parenti, figli e genitori.<br />Alla fine, dopo giorni di soccorsi in estrema emergenza, scavando senza tregua tra le macerie, il bilancio del sisma è duro da digerire. I morti sono 298, i feriti più di 1500.<br />I sismografi registrano una magnitudo 5.8. In realtà non una magnitudo così tanto elevata, ma i danni sono incalcolabili in termini di vite umane e di danni alle cose.<br />A L’Aquila in pochi minuti crolla tutto, ciò che poteva crollare e ciò che non doveva crollare. Viene ridotta in cenere la Sede della Prefettura, allocata in uno stabile storico nel centro della città, struttura dalla quale secondo i piani di emergenza della Protezione Civile si sarebbe dovuta gestire l’emergenza organizzativa.<br />Crollano edifici di 30, 40 anni appena, restano in piedi palazzi ultrasecolari. Lesionato in maniera considerevole e reso inagibile da subito il nuovo ospedale civile, aperto da una manciata di mesi appena e ultimato, dopo trent’anni di varianti e stop dei lavori.<br />Dichiarate inagibili moltissime case private ed altrettante scuole ed uffici pubblici. Ma il simbolo<br />del dramma diventa da subito la Casa dello Studente, ridotta in macerie dalla prima scossa<br />e sotto i cui resti muoiono otto giovani studenti, colti nel sonno dal terremoto.<br />La Protezione Civile gestisce da subito e con efficacia l’emergenza dei primi giorni dopo il<br />terremoto. Sono i giorni più duri. Le scosse continuano, tutto il giorno e durante la notte.<br />L’Italia intera si stringe attorno all’Abruzzo con una partecipazione emotiva e concreta come mai negli ultimi anni. I media nazionali ed internazionali, pur con alcune, forse troppe, cadute di stile nel raccontare gli avvenimenti, contribuiscono a fare del terremoto dell’Abruzzo un caso nazionale. Le raccolte di fondi e di generi di prima necessità si susseguono giorno per giorno.<br />Per L’Aquila partono volontari armati di pazienza, buona volontà e soprattutto passione civile. Per diverse settimane l’Italia ha dato il meglio di sé per collaborare al superamento dell’emergenza.<br />Ma l’Italia migliore non è riuscita a celare le reali motivazioni di questo disastro che non risiedono solo nel movimento improvviso e imprevedibile della faglia appenninica, ma anche nello stravolgimento del territorio e nel suo uso spregiudicato e dissennato. La magnitudo<br />registrata con la prima scossa, la più dura, non giustifica infatti i danni arrecati e la quantità e qualità dei crolli verificatisi tra L’Aquila e provincia. Classificata da anni come zona ad alto rischio sismico, la provincia aquilana avrebbe dovuto seguire regole e tecniche specifiche nella realizzazione delle nuove costruzioni come negli adeguamenti delle vecchie strutture edilizie.<br />Ma solo pochi secondi hanno svelato l’inganno e smascherato i colpevoli. Le normative sismiche sono state spesso disattese o applicate in minima parte. La qualità dei materiali impiegati ha tolto<br />il velo su un malcostume che tutti conoscevano e a cui tutti o buona parte degli operatori del settore partecipava.<br />Le buone tecniche edilizie sembrano ad un tratto essere scomparse.<br />Gli immobili degli anni 60 e 70 del secolo scorso, epoca del boom edilizio italiano, hanno dimostrato la loro inefficienza dal punto di vista strutturale. Gli edifici degli anni successivi poi non hanno mostrato miglioramenti significativi dal punto di vista costruttivo. Scarsa<br />qualità dei cementi impiegati, armature non a perfetta regola d’arte, ma soprattutto una sottovalutazione assoluta del problema sismico hanno contribuito a creare una situazione divenuta insostenibile al primo terremoto più intenso. La qualità della progettazione e della<br />buona architettura hanno quindi lasciato campo libero alla ignoranza ed alla pura speculazione.<br />Sotto accusa le categorie professionali tecniche ed i costruttori edili, incapaci probabilmente di affermare le ragioni della qualità e della sicurezza sulla speculazione.<br />Gli stessi architetti, ingegneri e geometri saranno chiamati ora a riorganizzare gli spazi urbani colpiti dal terremoto e a ripensare nuove e più adeguate soluzioni per prevenire altri eventi così disastrosi.<br />Varie le proposte in campo per la ricostruzione de L’Aquila e delle decine di comuni piccoli e meno piccoli coinvolti dal sisma. Dal Governo centrale è giunta fin da subito la proposta della costruzione di nuovi quartieri satellite, denominati subito new town e dello spostamento dei cittadini sfollati.<br />La soluzione proposta non ha determinato però l’approvazione dei cittadini per i quali la città è una sola e non sono ammesse altre nuove realtà urbane, senza storia e senza memoria.<br />Abbandonata per ragioni di sicurezza la città della memoria, intanto la cittadinanza è costretta a vivere la quotidianità delle tendopoli, nuove città della precarietà e della provvisorietà in attesa che la cittàdel futuro e dell’immaginazione possa tramutarsi dal sogno di una casa nuova a segno vivo e pulsante di una L’Aquila rinata e tornata a vivere.<br /><div></div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-89326475454166524582009-07-31T08:00:00.000-07:002009-08-28T09:10:44.363-07:00Terremoto de L'Aquila<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxb9jJ2qNeLcD-OyudxWQYALTQZI2fTi0KPwyw9dk7YnU5WdDuklwNH63fjsr2eAjTNb9KdnV_1bEB2mw7MguEXhyphenhyphenwE5qgQZUHVERDypMFKMfT-eGLzrIRjv2QUOe24Uc5mtq6AlNycdI/s1600-h/pag_9.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373844726046666706" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 286px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 400px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxb9jJ2qNeLcD-OyudxWQYALTQZI2fTi0KPwyw9dk7YnU5WdDuklwNH63fjsr2eAjTNb9KdnV_1bEB2mw7MguEXhyphenhyphenwE5qgQZUHVERDypMFKMfT-eGLzrIRjv2QUOe24Uc5mtq6AlNycdI/s400/pag_9.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><strong><span style="COLOR: rgb(153,0,0);font-size:180%;" >L'AQUILA: LE TRE CITTA'</span><br /></strong></div><div align="center"><em></em></div><div align="center"><em>di Antonello Simeone<br /></em></div><em></em><div align="center"></div><div align="left"><br /></div>L’Aquila oggi, a ben guardare, può pensarsi come tre città, tra loro apparentemente diverse, eppure ognuna essenza e significazione dell’altra, comune traccia e direzione per percorsi, immagini, segni, rappresentazioni, … La prima città è quella della memoria.<br />La città che ha sostenuto l’urto del terremoto, ha sopportato l’inefficienza umana, ha subito l’inganno della speculazione e ora giace, ferita e ripiegata, protetta solo dalla volta del cielo e dalla tela del ricordo… Forse richiama Armilla o, ancora di più, Zaira, la città che “(…) non<br />dice il suo passato, ma lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere (…)”1: è la città che si mostra e si racconta, fiera e orgogliosa, finanche attraverso le sue distruzioni e il suo silenzio, è la città che rende evidente la propria debolezza, che non cela la sua tragedia, non modera il suo dolore…<br />È una città come assente, nel distacco dei suoi abitanti, nel deserto delle vie, delle piazze, del mercato, nel torpore dell’andare e dello stare, nel silenzio agli angoli e agli incroci, nell’immagine del futuro… ove, a volte, non si riconoscono più strade, palazzi, monumenti, spazi urbani…<br />Eppure rimane, potente, risoluto, immutabile, un “genius urbis”, custodito dalla memoria, protetto nell’identità, nella storia, nel progresso del tempo e delle vicende singolari, in una città non tracciata dagli urbanisti o progettata dagli architetti, ma edificata dagli uomini, dalle loro storie, dal loro quotidiano vivere, dal comune sentire, dai valori condivisi, dal cum‑patire…<br />La città della memoria racchiude il suo essere e il suo significarsi nei pieni costruiti e nei vuoti urbani, oltre le pure configurazioni fenomeniche, oltre il suo “recinto” fisico (Umfriendung), oltre la conta dei crolli o la valutazione dei danni, nel profondo del suo patrimonio umano e nella ricchezza degli ideali della sua comunità.<br />Così può “(…) restare nella memoria punto per punto, nella successione delle vie, e delle case lungo le vie, e delle porte e delle finestre nelle case, pur non mostrando in esse bellezze o rarità<br />particolari. Il suo segreto è il modo in cui la vista scorre su figure che si succedono come in una partitura musicale nella quale non si può cambiare o spostare una nota”2, perpetuandosi oltre la distruzione, oltre il suo disegno fisico, oltre la sua configurazione spaziale e temporale…<br />La seconda città è quella della provvisorietà.<br />È questa una città colorata come i suoi panni stesi ad asciugare, sottile come le sue tende allineate, vociante come i suoi bambini nuovamente per le strade, ma è anche la città ove tanto di quello che prima appariva scontato, normale e ordinario ora diventa difficile, faticoso, da conquistare…<br />E’ la città che vive nelle tendopoli, che gioco forza unisce, che sopporta la promiscuità, che affonda nel fango della pioggia, che soffre ai primi caldi, che rende complesse anche le più semplici e<br />quotidiane azioni personali, che annulla ogni forma di riservatezza e di riparo…<br />Ma è anche la città che crea nuova umanità, che avvicina chi prima, pur prossimo, difficilmente si considerava, che dà vita a nuove relazioni, realizza nuove solidarietà, che, anche per necessità, sollecita al reciproco sostegno, rianima i rapporti interpersonali, rinsalda i legami e i valori sociali, edifica una comunità nuova…<br />È questa una città “a tempo”, “fuori dal tempo”, “vittima del tempo”, transitoria e precaria:<br />sottile nei suoi segni visibili, profonda nella sua sofferenza, una città che, alla sottigliezza<br />delle sue protezioni fisiche, contrappone lo spessore dei rapporti umani, richiamando,<br />costantemente, la memoria del passato, pensando ad una idea del futuro, condivisa e radicata, non in un “dovunque” teorico e indefinito, ma lì dove è la propria storia, la propria comunità, il proprio Essere…È una città “ponte” che, per questo, raccoglie e raduna, conserva le sue<br />storie, tramanda i suoi valori, racconta ogni suo angolo, ogni sua piazza, ogni sua strada, rianimando la memoria…<br />La terza città è quella dell’immagin(azione). È la più impercettibile e la più impalpabile delle tre, perché è quella che risiede nella mente e nel cuore degli uomini, nel loro desiderio di futuro, nella personale idea di città…<br />È un po’ “Fedora”, “città azzurra che si rinnova per ognuna delle sfere di vetro, in ognuna delle stanze del palazzo di metallo”, che si costruisce e si trasforma incessantemente nel progressivo<br />immaginare e costruirsi delle idee.<br />È la città che a tutti (indipendentemente dal ruolo, dalle esperienze, dalla professionalità, dalle competenze) piace frequentare e nella quale ci si compiace di riservarsi il proprio ruolo di “creatore”, “progettista”, “inventore”, ignorando le città della memoria e della provvisorietà, fantasticando di infiniti piani perfetti, tracciando teorie di strade, piazze, palazzi, botteghe, monumenti, ma senza suoni, senza luci, senza voci, senza segni, senza uomo, senza vita….<br />Il rischio, allora, è quello della “plastic town”, della città‑immagine, il rischio è che l’urbanistica, e l’idea originaria della città, divengano, per l’ennesima volta, puro strumento di propaganda (come la Berlino di Speer o la Parigi di Mitterand), pianificando senza storia, senza memoria, senza uomo, alla ricerca spasmodica e frenetica di una città perfetta solo in quanto ordinata, asettica, accurata, ma priva di anima, dinamismo, suono, vita, ove l’uomo non è misura della progettazione, ma, esclusivamente facitore di investimenti immobiliari o, peggio, oggetto da collocare “correttamente” in apposite case‑caselle (come a Créteil o a Gibellina nuova),<br />ove la storia e la memoria sono un ingombrante fardello del quale velocemente liberarsi, sacrificate sull’altare dell’algida immagin(azione) e della città‑senza‑città.ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-8317885336909959792009-07-31T07:00:00.000-07:002009-08-28T09:11:03.056-07:00Gli spazi urbani<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitk_dT0W-rCyB2VmNtwrqHRTKEJ4c2m8b9VB0sMk_4I__pZ6jHtVcaIeEEUBrku7Eb90vNiQhQKY8F_uSW4i0QBG3H596j_ngz5mYRdQCQPfkgjJXqRwLL5T6Qnd4z9b1y_fyHfszwNqY/s1600-h/pag_10.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373846846983582770" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 217px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitk_dT0W-rCyB2VmNtwrqHRTKEJ4c2m8b9VB0sMk_4I__pZ6jHtVcaIeEEUBrku7Eb90vNiQhQKY8F_uSW4i0QBG3H596j_ngz5mYRdQCQPfkgjJXqRwLL5T6Qnd4z9b1y_fyHfszwNqY/s400/pag_10.jpg" border="0" /></a><br /><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;">GLI SPAZI PUBBLICI<br /></span><span style="font-size:180%;"><span style="COLOR: rgb(153,0,0)">PER CHI SONO GLI SPAZI PUBBLICI?</span><br /><span style="font-size:100%;"><em>Breve ragionamento critico sui territori della città di ieri e di oggi</em></span></span></strong></div><br /><div style="FONT-STYLE: italic; TEXT-ALIGN: center">di Filippo Piccinno<br /></div><br />La civiltà giudica i propri valori più alti esprimendosi negli edifici e negli spazi pubblici. Tangibili e meravigliosi esempi storici sono ancora oggi esplicito esempio della rappresentazione in forma architettonica dei valori sociali e dei suoi molti sistemi politici. Le sbalorditive dimensioni del duomo di Milano sono paragonabili alle “cattedrali” dello skyline di Manhattan, piuttosto che allo<br />spazio cerimoniale tra il Louvre e l’arco di Trionfo a Parigi, e così via passando attraverso le celebrative architetture dell’EUR che convivono con gli edifici e gli spazi Moderni dello stesso quartiere. Facendo un breve riepilogo storico, dopo la fine della seconda guerra mondiale, si è verificata una perdita generale di attenzione nei confronti del “significato” di spazio pubblico. Cosicché, a causa dello sviluppo dominato dalla sete insaziabile di palazzi per appartamenti o<br />per uffici tutti uguali degli anni del boom economico, l’architettura ha involontariamente veicolato l’immagine di una società di massa priva di identità. Tuttavia, in anni più recenti, i danni causati dal traffico e dall’inquinamento alla vivibilità urbana delle nostre città sono stati sempre più riconosciuti e la nuova attenzione alla salvaguardia dei centri cittadini ha anche favorito recenti interessi verso alcune aree di incontro pubblico, volutamente punto di congruenza tra coloro<br />che costruiscono i palazzi e la pressione (ambigua) degli urbanisti.<br />Agli inizi degli anni ottanta, l’epocale programma di riqualificazione urbana di Barcellona trasformò quella città nel più formidabile cantiere europeo fondato sulla riprogettazione degli spazi pubblici, e fece scuola nella amministrazioni e nelle facoltà di architettura di mezza<br />Europa. E in tanti, ancora oggi, sono convinti che tale esperienza sia esportabile in tutto il territorio delle nostre città, specialmente nelle parti più degradate, quelle fuori Piano, quelle informi, quelle abusive. E i tanti amministratori, specie quelli più progressisti, credono che il problema delle città si possa risolvere sottoponendo ogni parte del territorio inurbato a tale trattamento. D’altro canto la richiesta della gente che abita le città non è diversa. Attraverso una<br />miriade di comitati più o meno spontanei o più o meno ambientalisti, associazioni di quartiere, sindaci (aimè) tornacontisti o falso-buonisti, la gente chiede Piazze, il Verde, il Portico, il pavimento in Pietra, il lampione di fine Ottocento ed altro. Eppure ogni nuova piazza inaugurata, sembra produrre un senso di frustrazione, spaesamento ed indecisione di giudizio nella gente che poi in quella piazza non ci va nemmeno la domenica perché, ovviamente, preferisce andare<br />nei centri commerciali sempre aperti o nello spazio gioco di un autolavaggio self service. Ma non nelle piazze. Intanto quegli stessi spazi appena ultimati sono preda dell’incuria, dell’impossibilità di mantenerli e del rapido degrado. Eppure gli architetti si chiedono perché. In fondo non è che nei loro progetti ci sia qualcosa di sbagliato: chi preferisce i mattoni di pietra o quelli color mirtillo, chi preferisce un lampioncino a lanterna, piuttosto che in acciaio inox, chi la collocazione di una nuova ma anche “antica” struttura liberty: per carità, tutto va bene (a proposito, dove eravamo quando, per primi, dalla pagine di questa Rivista, in pieno dibello-style, si faceva<br />notare che non fosse proprio “onesta intellettualmente” la struttura di Piazza Garibaldi? N° 15/2003. ndr ). Diciamo la verità, noi architetti non riusciamo più a costruire nessuna identità convincente dello spazio urbano. Il problema dunque non è formale ma concettuale.<br />Il meccanismo che attraverso le piazze, i sagrati, i portici, i tridenti, le pietre, in una parola l’”identità” ha legato in duemila anni l’agire politico delle persone agli spazi fisici della città non è più utilizzabile.<br />Lo spazio non è più capace di diventare luogo, mettiamoci l’anima in pace una volta per tutte. Di fatto la “nuova attenzione” per lo spazio urbano maschera sempre un interesse diverso e, come<br />detto prima, l’abolizione del traffico veicolare nelle strade centrali è barattato con l’incremento dello sviluppo commerciale o con la possibilità di estendere la superficie all’aperto di un caffè, o di un luogo in cui sedersi. Resta tuttavia il fatto che questi luoghi non sono sempre completamente “pubblici”; la loro ubicazione, le attività che vi si svolgono, e la “discreta” sorveglianza che li circonda vengono considerati da alcuni come luoghi sicuri e da altri come respingenti.<br />Nelle attività commerciali vi è più possibilità di interazione sociale, sempre però sotto gli attenti e vigili occhi del personale impiegato. Per le nuove strade lastricate di pietra bianca, attori e musicisti vengono sempre più spesso invitati ad esibirsi perché i passanti si sentano a<br />proprio agio (ma si usano, a Natale e a Pasqua, anche gli altoparlanti appesi ai balconi con le musiche di Nat King Cole o di Renato Zero…). Tutte iniziative per rendere più forzatamente urbana l’atmosfera di un luogo pubblico. Che però non è più un luogo. La riqualificazione<br />dello spazio pubblico non è un problema di arredo urbano anche se non vorrei che qualcuno mi fraintendesse pensando ai mattoni, color yogurt al mirtillo, della nostra città. Già, perché quelli sempre si continuano a mettere (allora il dibello-style non è ancora finito?)! Non credo, pertanto, che convenga percorre la strada della protesta, almeno da parte di noi architetti, se non proviamo a dare una risposta costruttiva e, soprattutto, una risposta alternativa convincente.<br />Tanto per cominciare, allora, questi spazi pubblici per quale pubblico sono? Ormai sull’orlo di una crisi di nervi per la continua incomprensione con l’albertiano progetto umanistico di città e<br />ripensando alle piazze di Barcellona con belle forme e artificiose naturalità, proviamo comunque a riconsiderare l’architettura ereditata per gli spazi pubblici ancora riconoscibili nei nostri centri<br />cittadini. Per quello che mi riguarda, come tarantino, nella nostra città posso facilmente notare le quinte spaziali progettate, anche se in parte mai realizzate, intorno alla Piazza Ebalia, così come<br />l’inquietante e discutibile scenografia del Palazzo di Brasini che si affaccia sulla Rotonda; poi anche la Piazza di Piccinato alla Bestat, memoria democristiana di uno spazio pubblico mai usato, così come la piazza della Concattedrale con le tanto amate e odiate vasche oggetto quotidiano di un accanito rimaneggiamento che credo non abbia precedenti nella storia di uno spazio pubblico. Tutti luoghi oggi comunque ameni ma che, allo stesso tempo, ritengo debbano essere ancora “salvati” intellettualmente al cospetto delle oscenità dei giorni nostri, ancora in costruzione, tra i nuovi quartieri di Lama, San Vito e Tramontone. Ancora auspico sull’argomento un cospicuo apporto sulle pagine di questa rivista da parte dei colleghi della Provincia, con tanti centri urbani fatti di spazi pubblici riconoscibili e non. L’unica differenza che c’è tra gli spazi urbani di ieri e di oggi è proprio che in quelli di ieri è ancora riconoscibile una “qualità” progettuale almeno<br />teorica, orgogliosamente e retoricamente fatta da un architetto, ma comunque onesta anche se enfatica per alcuni, troppo disegnata, se volete, ma comunque individuabile nell’identità di quel periodo politico e sociale. Per il resto è sempre un “non luogo”.<br />Come fare dunque per progettare ancora? Si, perché ancora spazi ce ne sono da progettare. Pensiamo a quante aree si creano automaticamente quando si realizza una infrastruttura, un<br />sovrappasso veicolare, un nuovo svincolo stradale urbano (occhio alle rotatorie che finalmente arrivano anche da noi..), tutti spazi che vengono considerati non per architetti, ma piuttosto per i tavoli dell’ufficio Lavori Pubblici, che pure ne ha competenza ma non ne ha le capacità. Il nostro territorio, in particolare, non è stato in grado di sollecitare il rispetto da parte dei suoi operatori pubblici perché non li ha mai educati al progetto degli spazi. Da questo punto di vista molti<br />allontanano l’ipotesi dell’interevento di qualche Archistar per ridare qualità ai nostri pezzi di città. Ma forse proprio qualche intervento “dotto” potrebbe innescare almeno un dibattito interno tra noi architetti locali, o comunque apportare luce nuova negli occhi di chi<br />ci amministra. Non sicuramente un toccasana, lo riconosco, ma solo una specie di sasso nello stagno. E tali meccanismi possono partire solo da un grande interesse attivabile tramite procedure concorsuali di idee, con forte spinta pubblicitaria e controllate da una specifica<br />azione che il nostro Ordine dovrebbe promuovere. Penso alla possibile dismissione di aree demaniali e quant’altro che potrebbe coglierci, per l’ennesima volta, impreparati.<br />Quindi, intellettualmente parlando, il nuovo progetto urbano dovrebbe investire nel rappresentare l’identità di ogni soggetto avente diritto di veto, nel rappresentare le più disparate categorie sociali, nell’ascoltare ogni voce, pensiero ed opinione. Dovrebbe essere<br />economico, funzionale, opulento e simbolico. Essere riconoscibile, ma anche non corporativo, commerciale ma anche non controllato, altamente tecnologico ma anche “attento” urbanisticamente, bioclimatico e funzionale, minimale e rigoroso, straordinario ma normale. E soprattutto dovrebbe essere il contrario di un luogo.<br />Possibile tutto questo?<br />Forse però gli architetti dovrebbero pretendere, e mostrarsi capaci, di governare gli spazi pubblici con regole disciplinari pagando il prezzo dell’aggiornamento delle regole stesse e senza legarsi ancora all’urbanistica dei numeri, continuamente riproposta sotto velate spoglie.<br />Ma allora perché a Barcellona “la piazza” ha funzionato? Perché, anche se non lo vogliamo digerire, le piazze di Barcellona sono dentro il suo vecchio centro storico, trasformato in shopping mall all’aperto e privo dei suoi abitanti. Ecco perché la gente ci va anche di domenica. Anche se la maggior parte degli architetti, me compreso, non ci credono.ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-35186184037810040502009-07-31T06:00:00.000-07:002009-08-28T09:11:22.367-07:00Gli spazi urbani. Sguardi su Taranto<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3vtAiNyuM03bINSDNd-uQR4wTRJCXldxp0dIXQAEdHBXt4iFfSRGKGCX2zWBdpzjvXygYMsQdfVzcf3DfQXynTjHPFmGX-u5la5wkOkmbYBh66gUEpcmog-saF4QjEkOKc6h8qBifXO4/s1600-h/pag_12.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373933646455461122" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 193px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3vtAiNyuM03bINSDNd-uQR4wTRJCXldxp0dIXQAEdHBXt4iFfSRGKGCX2zWBdpzjvXygYMsQdfVzcf3DfQXynTjHPFmGX-u5la5wkOkmbYBh66gUEpcmog-saF4QjEkOKc6h8qBifXO4/s320/pag_12.jpg" border="0" /></a> <div align="center"><br /><strong><span style="font-size:180%;"><span style="COLOR: rgb(153,0,0)">VIAGGI E MIRAGGI</span><br /><span style="FONT-STYLE: italic;font-size:100%;" >Un pomeriggio alla scoperta della città tra il paradosso e l'inspiegabile</span><br /></span></strong><div align="center"><br /><em>di Massimo Pronter</em><em>a</em><br /><br /><div style="TEXT-ALIGN: left">Chi conosce Taranto per le sue immagini da cartolina, per i suoi tramonti memorabili, per i suoi due mari ed i suoi tre ponti, chiuda gli occhi e provi a dimenticare per un momento i suoi<br />ricordi e le immagini incise nella sua memoria e si imbarchi con noi in un breve ma ricco viaggio all’interno della città nascosta, della città che non appare ma esiste, un breve viaggio nella città reale, con cui ogni cittadino quotidianamente è costretto a convivere e a rapportarsi. Noi<br />questo viaggio l’abbiamo fatto e proviamo a raccontarlo attraverso le note appuntate sul nostro taccuino e le immagini rubate dalla nostra macchina fotografica,diviso in dieci piccole tappe, accompagnati dalla colonna sonora del nostro lettore cd.<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa1: “Mare mare, qui non viene mai nessuno a trascinarmi via…”</span><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">(da “Il mare d’Inverno”. Loredana Bertè)</span><br />Decidiamo di iniziare il nostro viaggio dal mare, proprio quel mare che avvolge Taranto da ogni suo lato, punto di approdo nel passato di popolazioni e genti più varie e meta agognata oggi delle torride giornate d’estate. Ci dirigiamo verso l’area residenziale di San Vito, a pochissimi<br />chilometri dalla cosiddetta città consolidata, soffocata dalle sue tante ville sul mare. Costeggiamo viale del Tramonto. Un nome così suggestivo lascia pensare a scenari meravigliosi e a paesaggi<br />paradisiaci. Qui fino a pochi anni fa non c’era quasi soluzione di continuità tra la spiaggia e la strada. Ma ora della lunga e informe distesa di sabbia bianca e della rigogliosa vegetazione spontanea che caratterizzava questa striscia di spiaggia lungo il viale è rimasto ben poco. Tutto è stato regolarizzato, disegnato, schematizzato. Ci accoglie ora un desolante piazzale costituito in gran parte da pedane, pavimentazioni e gradinate in calcestruzzo e piazzole per il parcheggio<br />delle auto. Blocchi cubici in cemento sembrano galleggiare in una vasca ricolma d’acqua di mare. Nulla che lasci pensare ad un punto di aggregazione per i residenti del quartiere o per turisti di passaggio.<br />Scattiamo alcune foto, prendiamo alcuni appunti e andiamo via.<br />Delusi ci lasciamo alle spalle il mare e decidiamo di dirigerci verso la città.<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 2: “A vent’anni la vita è oltre il ponte… “ (da “Oltre il ponte”,</span> <span style="FONT-WEIGHT: bold">Modena City Ramblers. Testo di Italo Calvino)</span><br />Ci lasciamo alle spalle le spiagge di San Vito e ritorniamo verso la città. Dopo aver oltrepassato i resti di ciò che doveva essere un tempo non troppo lontano una prestigiosa zona balneare, ci<br />accorgiamo con stupore e curiosità di passare al di sotto dell’unico ponte “griffato” d’Italia. Non possiamo ignorarlo. Non riusciamo a fare a meno di fermarci un momento. Il tutto è troppo curioso e divertente. La grande opera pubblica è firmata da entrambi i lati. Due grandi cartelloni avvertono la popolazione che proviene dai due sensi di marcia di chi sia la responsabilità di quell’opera. Una cosa è certa. In caso di necessità sapremo almeno con chi prendercela…<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 3: “là dove c’era l’erba ora c’e una città…” (da “Il ragazzo della</span> <span style="FONT-WEIGHT: bold">via Gluk”, Adriano Celentano)</span><br />Ci dirigiamo verso i nuovi quartieri della città, ed in particolare nella zona denominata Taranto 2. Il nome del quartiere è altisonante e fa riemergere alla mente esperienze urbanistiche analoghe<br />sperimentate in altre realtà italiane, molto lontane dalla nostra. Chissà se anche qui il Biscione ci ha messo lo zampino... Ma di case immerse nel verde e di laghetti dei cigni qui non v’è traccia. Sarà la stagione che si approssima all’estate ma qui il colore predominante è il giallo dei campi arati e arsi dal sole e il grigio cupo del cemento. Nessun albero, alcun prato fiorito. Ogni tanto si scorge all’orizzonte qualche sprazzo di colore, un rosa, un fucsia, un viola, improbabili accoppiate<br />cromatiche con cui sono stati decorati alcuni palazzoni che hanno più del popolare che non del residenziale. Tra depositi munizioni, recinzioni militari e ampi spazi vuoti e desolati sorge qua e là un edificio. Scorgiamo la sede della nuova Questura, un grande monoblocco di vetro e cemento, praticamente realizzato al centro del nulla. Scattiamo qualche foto ricordo ma la cosa evidentemente non piace molto agli inquilini in divisa dello stabile in questione che,<br />accorsi in gruppo verso di noi si apprestano in tutta fretta a identificarci e a chiederci spiegazioni. In attesa di riavere i nostri documenti, chiusi in una anonima sala d’attesa, la riflessione è d’obbligo. Cosa ci sarà davvero di strategico in questa struttura da non poter nemmeno<br />immortalare il suo valore architettonico? Dopo una mezzora, chiarito l’equivoco, veniamo congedati e possiamo proseguire il nostro giro turistico in tutta libertà.<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 4: “frena che voglio andare al mare…” (da “Frena”, Carlotta)</span><br />Un dettaglio colpisce tra tutti. Non è una illusione ottica o un abbaglio prospettico. Due edifici, uno più alto ed uno più basso appaiono un po’ troppo vicini l’un l’altro. Ci avviciniamo. Assistiamo increduli a questo spettacolo del quale non è davvero facile darsi spiegazione. Due edifici distinti si sfiorano, non si toccano tra loro per una manciata di centimetri. Con un po’ di immaginazione sembra addirittura che il palazzo più basso abbia pigiato il pedale del freno appena in tempo per non cozzare contro il palazzo più alto. Solo pochi centimetri separano le due costruzioni.<br />I cittadini residenti nei due stabili però non si sono persi d’animo e sono andati oltre, tentando di gettare un ponte di pace fra queste due entità, unendo tra loro quello che probabilmente unito non sarebbe mai dovuto essere. Chi ha realizzato un balconcino, chi un pergolato fiorito, chi ha semplicemente ha usato il palazzo vicino per stenderci il proprio bucato al vento. Questione di organizzazione. Portiamo con noi qualche ricordo e veloci ci lasciamo alle spalle questo inconsueto spettacolo.<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 5: “danza la fame nel mondo e un tragico rondò…” (da “Cosa resterà degli anni 80”, Raf)</span><br />Il nostro tour prosegue in direzione centro città. Giungiamo ad un originale rondò alberato. Dove un tempo i bambini del quartiere potevano esercitarsi con i pattini a rotelle, oggi sorge un’autostrada in città ma per gli anziani è stato riservato un posto dove riposarsi all’ombra dei pini tra panche e fioriere in cemento e anonime steli artistiche dal criptico linguaggio contemporaneo. Un angolo di paradiso circondato a pochi metri da migliaia di auto che sfrecciano veloci durante tutto il giorno. </div><div style="TEXT-ALIGN: left"><br /></div><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373933989491040162" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 251px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZ4Cg1VVrlaAdrRwowfseCO_0NLc_0tljVFJCjbNu-_KLKLZIJRmMXYRzALLjqdxY7cs0kQcPL_fBMimopRhNT9EW-9oLHUdrZrQ5m8a9gi26E1uQ5F4sB03WokOxPalUO4w8KPPYz8V0/s320/pag_13.jpg" border="0" /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 6: "salirò salirò tra le rose di questo giardino..." (da "Salirò", Daniele Silvestri)</span>.<br />Sul fondo del Viale Magna Grecia una singolare aiuola in erba sintetica da il benvenuto in città al malcapitato turista di turno. Una leggenda vuole che in zona vi fosse un grande vivaio abusivo in seguito espropriato per far posto ad un nuovo giardino pubblico. A dire il vero di verde ne è rimasto ben poco, alcuni alberi e qualche aiuola. La cosa che però attira di più la nostra attenzione è la singolare fontana che campeggia al centro del grande piazzale. La scultura, nelle intenzioni dell’artista rappresenta un gioco di delfini imbizzarriti avviluppati gli uni con gli altri. Dell’acqua però nemmeno una traccia. Un cartello ci avvisa inoltre che dovrebbe esserci in zona anche una pista ciclabile, ricordo di antichi “fasti” della città, ma anche qui della pista come delle biciclette non v’è alcuna traccia.<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 7: “mi son vestito da guardiano e sono andato all’acquedotto…” (da</span><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">“Acquedotto fosforescente”, Tricarico)</span><br />La nostra visita alla scoperta dei tesori nascosti della città ci porta ad incrociare le antiche vestigia della Taranto greca e romana. Percorrendo con l’auto Corso Italia, asse viario centrale dell’omonimo rione, il nostro sguardo si rivolge a ciò che sembra essere un cumulo di sassi e muretti crollati. Semisepolti tra alte erbacce e pattume vario sorge ciò che resta dell’antico acquedotto romano. E dire che un grande cartello ci avvisa che lungo il nostro percorso potremo ancora imbatterci in altri ritrovamenti archeologici di questo genere. Se il buongiorno si vede<br />dal mattino…<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 8: “coi grattacieli sempre più alti e tante macchine sempre di più…” (da “Com’è bella la città”, Giorgio Gaber)</span><br />Il piazzale cosiddetto Bestat è facile da riconoscere. I suoi alti grattacieli sono lì da quasi quarant’anni a ricordare come è possibile fare buona architettura e non saperla gestire. Lo sfrecciare delle auto al di sotto del grande piazzale è il suono ricorrente, monotono ed assordante.<br />Il piazzale ora è vuoto, assolato, troppo grande forse per essere percepito come punto di aggregazione. Troppo grande per non disorientare il passante. Intanto i segni del tempo<br />iniziano a farsi sentire. Il cemento si sgretola e la pavimentazione si solleva.<br />Un paradiso per gli skater, gli unici che appaiono davvero divertiti.<br /><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 9: “…sulle panchine in Piazza Grande…” (da “Piazza Grande”, Lucio Dalla)</span><br />Ci lasciamo alle spalle il Piazzale Bestat e ci dirigiamo verso il centro cittadino.<br />Ma non possiamo ignorare il grande vuoto urbano di Piazza Marconi. Da ex mercato cittadino la piazza è stata trasformata in anni passati in un originale giardino pubblico, con aiuole, panchine ed anche un chiosco bar, con l’ambizione di divenire il nuovo punto di aggregazione per i cittadini<br />del quartiere. Ma di buone intenzioni è lastricato il mondo...<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYNdTveMtW-spIblQUUQ9STCG5ssJH2BqJfgKLWXkytsi8QCoLNcWs8pSXi2CKMrTFvHRz_kORNQIlM2W5E-zt8cw50EkWvg4LjKxV1CdYzV6zj2cxd-fncNP9Vp0IZ4yrrx7TZrKtdSg/s1600-h/pag_14.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373933652256808594" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; CURSOR: pointer; HEIGHT: 213px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYNdTveMtW-spIblQUUQ9STCG5ssJH2BqJfgKLWXkytsi8QCoLNcWs8pSXi2CKMrTFvHRz_kORNQIlM2W5E-zt8cw50EkWvg4LjKxV1CdYzV6zj2cxd-fncNP9Vp0IZ4yrrx7TZrKtdSg/s320/pag_14.jpg" border="0" /></a><br /><span style="FONT-WEIGHT: bold">Tappa 10: “…con 2 suore che camminano vicine in una piazza con un grande monumento…” (da “Milano”, Alex Britti)</span><br />Ultima tappa: Piazza Bettolo. Un Poseidone in miniatura con in mano stretta una forchetta da dolce al posto di un tridente e quattro cavalli imbizzarriti sono gli elementi decorativi della<br />fontana in cemento posta al centro della piazza, degna di campeggiare nei giardini delle migliori ville dei casalesi, come raccontato nel best seller di Roberto Saviano. L’ennesima occasione persa da questa città e l’ennesimo trionfo del cattivo gusto dilagante… Ma qualcuno non aveva anche organizzato un concorso di idee su quella piazza? Stanchi ma appagati, terminiamo qui il nostro percorso alla ricerca dei luoghi del paradosso e dell’inspiegabile, sicuri di aver solo compiuto<br />parte di questo viaggio e che nuove avventure potranno coinvolgerci ancora nel prossimo futuro.<br />Unica consolazione, l’aver trascorso un originale pomeriggio al sole con amici, ascoltando comunque buona musica.<br /><div align="left"></div></div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-86671375494216544672009-07-31T05:00:00.000-07:002009-08-28T09:11:41.047-07:00La legislazione<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirvgUluWbrCr3FOEwK1TahH_TgIzLIBmL9NvWxKmLpdh3ob0QducWsSRubL1P1EnhZ_C-gCvvEwPjRsg9QB6fSfiKiID_ryhOCxkzHAJ1FvwTjXimtpzcc2E7GTrxEhnlgnseXy7SCV-Q/s1600-h/pag_16.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373936472548949106" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 206px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirvgUluWbrCr3FOEwK1TahH_TgIzLIBmL9NvWxKmLpdh3ob0QducWsSRubL1P1EnhZ_C-gCvvEwPjRsg9QB6fSfiKiID_ryhOCxkzHAJ1FvwTjXimtpzcc2E7GTrxEhnlgnseXy7SCV-Q/s400/pag_16.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:180%;color:#990000;">PUO' UNA LEGGE CREARE LA QUALITA'?</span></strong></div><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><em>Uno sguardo alla legislazione in materia di valorizzazione dell'architettura</em></span></strong></div><div align="center"><br /><em>di Antonello Simeone</em><br /></div><br /><div align="left">Nella civiltà dei consumi e della comunicazione molte categorie di beni e prodotti sono codificate in “categorie di qualità”, spesso prodotte da processi di tutela geografica o tipologica, non di rado assistite da complessi apparati normativi e legislativi, più volte giustificate da ragioni puramente commerciali e di interesse “mercantile”.<br />Ci si può chiedere, quindi, legittimamente, se anche per l’Architettura si possa, o sia giusto, pensare ad un “marchio di qualità” codificato… Per ragionare, allora, di “qualità nella legislazione per l’Architettura” non si può omettere di fare riferimento a due testi primari, per molte ragioni, tra loro diversi, nel merito e nella forma: la nostra Carta Costituzionale (“Costituzione della Repubblica Italiana”) e la notissima Loi n.77‑2/1977 “sur l’Architecture”.<br />All’articolo 9 della Carta, infatti, si legge: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”: già nel 1945, quindi, i Costituenti sentirono la necessità, inserendola nella parte prima, inderogabile, della Legge Fondamentale, di evidenziare l’importanza, per lo Stato, di promuovere la cultura, la ricerca e la tecnica, concetti non a caso accompagnati e correlati alla tutela del<br />paesaggio, del patrimonio storico e delle manifestazioni dell’Arte.<br />E’ da intendere, certamente, questo, come un chiaro richiamo alla centralità del concetto di qualità della ideazione e, qui, particolarmente, dell’Architettura, in quanto strumento straordinario e insostituibile per perseguire il pubblico interesse oltreché mezzo elettivo per la<br />costruzione di un patrimonio culturale condiviso e maturo.<br />Pur chiaramente espressa nella Costituzione, la centralità sociale e culturale della qualità architettonica è rimasta a lungo, in Italia, una pura enunciazione di principio, superata e mortificata tanto dalla deregulation anglosassone, che dall’ipertecnicismo di ambito germanico, che dall’ntellettualismo francese, esso, sì, capace di concepire, all’pice delle trasformazioni urbane degli anni Sessanta/Settanta, quello che ancora oggi è considerato, ad oltre trent’anni dalla sua promulgazione, il principale testo europeo sull’architettura.<br />La Loi sur l’architecture, infatti, enuncia, specie nei suoi primi 8 articoli, alcuni principi, semplici, ma essenziali ed efficaci, che rappresentano una prima declinazione del concetto di “Qualità in<br />Architettura”; qui i più incisivi e coerenti: “L’Architecture est une expression de la culture”: è l’incipit dell’articolo 1 che si pone come postulato imprescindibile; (…) la creazione architettonica, la qualità delle costruzioni, il rispetto dei paesaggi naturali o urbani assumono valore di interesse<br />pubblico e le autorità deputate al rilascio delle autorizzazioni al costruire si assicurano, nel corso delle relative procedure, del perseguimento di questi obiettivi (art.1);<br />chiunque intenda procedere alla realizzazione di opere soggette ad autorizzazione a costruire deve rivolgersi ad un architetto (art.3);<br />(…) il progetto architettonico si definisce coerentemente attraverso tutti quegli elaborati grafici che possano esprimere, compiutamente, le caratteristiche dell’insediamento, i principi compositivi degli edifici, la loro organizzazione funzionale, i materiali costitutivi, i colori, ecc. (art.3);<br />(…) vengono creati i “conseil d’architecture, d’urbanisme informazioni e sviluppo della sensibilità e dello spirito di partecipazione delle comunità in merito ai temi dell’Architettura, dell’Urbanistica e dell’Ambiente: essi, inoltre, favoriscono, promuovono e vigilano sulla<br />qualità architettonica soprattutto in riferimento all’uso dell’ambiente e alle trasformazioni in atto sul paesaggio urbano e rurale (art.7).<br />Cosa ricavare da tali enunciazioni? Innanzitutto l’affermazione precisa, forte e assiomatica che l’Architettura è una espressione della cultura e, quindi, componente costitutiva del<br />patrimonio collettivo di socialità, storia, memoria, ecc, e, come tale, valore inalienabile, non derogabile o commercializzabile, responsabilità primaria dello Stato e delle sue Istituzioni, a qualsiasi livello; conseguentemente, che la qualità architettonica si declina, innanzitutto,<br />a partire dal rapporto tra costruito e ambiente, naturale e antropico, secondo i suoi significati funzionali, tecnici, formali ed estetici e che il suo linguaggio d’elezione (il disegno) debba essere, anche per questo, compiuto, corretto, chiaro, curato, comprensibile, …<br />Vi si trae, poi, l’affermazione della insostituibilità del ruolo dell’”Architetto” e la necessità di condividere, con la collettività, gli interventi di trasformazione del territorio e del paesaggio<br />urbano e naturale, attraverso i linguaggi propri dell’Architettura e dell’Urbanistica.<br />Sono assunti, questi, che costituiscono, altresì, l’idea guida della risoluzione n.13982/00 del Consiglio dell’Unione Europea del 12 gennaio 2001 nella quale, tra l’altro, si stimolano gli Stati membri “ad intensificare gli sforzi per una migliore conoscenza e promozione dell’architettura e della progettazione urbanistica, nonché per una maggiore sensibilizzazione e formazione dei committenti e dei cittadini alla cultura architettonica, urbana e paesaggistica” nonché<br />“a promuovere la qualità architettonica attraverso politiche esemplari nel settore della costruzione pubblica”.<br />E in Italia? Il velo di silenzio sulle vicende dell’Architettura, e sulla sua qualificazione, in particolare, si incomincia a disvelare a partire dalla metà degli anni Novanta in occasione del lungo (e spesso improduttivo) dibattito intorno alla cosiddetta “Legge Melandri” che,<br />oltre il suo sostanziale fallimento, ha avuto il merito, se non altro, di richiamarsi, almeno idealmente, ai principi sanciti nell’art.9 della Costituzione ragionando, soprattutto nelle Opere Pubbliche, non più solo in termini di appalti, procedure, penali, capitolati, ecc.<br />Nessun risultato concreto, però (che fine ha fatto quel “Manifesto degli Architetti Italiani” tanto propagandato dal CNA dopo il Congresso di Torino dell’ottobre 1999?), di lì trascinando il dibattito sempre più verso il basso, sino alla attuale XVI Legislatura, ove, non senza una certa sorpresa, sulla qualità architettonica, ben tre Disegni di Legge risultano presentati al Senato: il ddl 1264 proposto dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali ed altri “Legge quadro<br />sulla qualità architettonica”, il ddl 327 d’iniziativa del senatore Zanda “Legge quadro in materia di valorizzazione della qualità architettonica e disciplina della progettazione”, il ddl 1062 del senatore Asciutti ed altri “Legge quadro sulla qualità architettonica”.<br />Nuovo brio? Nuova esuberanza legislativa? Nuovo intenso, approfondito e fervido dibattito intellettuale, protagonisti l’intelligenthia più dinamica e avanzata del nostro tessuto culturale,</div><div align="left">la politica più progressista e riformatrice e, ovviamente, il mondo professionale, con in testa quello degli Architetti…? o invece…?<br />...Invece, tra qualche slancio illuminato e qualche timida affermazione concretamente innovativa, vi traspare un approccio banale, mediocre e poco coraggioso lì dove, invece, per lo stato attuale delle cose, sarebbero necessarie e improcrastinabili assunzioni decise, audaci e, finanche, spericolate: appare questo un chiaro segnale che ognuno dei tre testi proposti sia frutto non di un dibattito ampio, coinvolgente e compiuto, aperto ai politici, ai tecnici, al mondo culturale e artistico e, soprattutto, alla società civile (e se l’Architettura è espressione della cultura,<br />non sarebbe potuto essere altrimenti…!!!), ma una sorta di affermazione assoluta, vaga e un po’ formale, senza anima e vigore, che non può trovare semplicistica giustificazione nella necessità, sancita dall’art. 117 della Costituzione, di limitarsi esclusivamente a “principi quadro” nell’ambito di materie concorrenti. Diamo uno sguardo sommario ai contenuti dei disegni di legge...<br />Il testo proposto dal senatore Zanda (ddl 327), introducendo nell’ordinamento la nozione di “qualità architettonica”, afferma il concetto che la progettazione architettonica debba assurgere a direttrice primaria della cultura contemporanea e che, conseguentemente, essa costituisca patrimonio di una società avanzata divenendo diritto dei cittadini: inoltre, accanto ad<br />alcuni concetti riferiti alle modalità di svolgimento dell’attività professionale, stabilisce alcuni criteri perché si perseguano “obiettivi di qualità” nell’ambito delle opere pubbliche, prevedendo lo stanziamento di somme annuali per l’incentivazione della qualità del progetto, soprattutto, attraverso il ricorso ai concorsi di progettazione.<br />E’ questo il testo che appare più vicino, almeno nello spirito, alla Legge francese e che, se non altro, considera l’Architettura di qualità come processo coerente capace di recepire quelle esigenze di carattere funzionale ed estetico poste a base della progettazione e della<br />realizzazione dell’opera, garantendo il suo armonico inserimento nel paesaggio e nell’ambiente circostante (art. 2).<br />Il ddl 1062 presentato dal senatore Asciutti definisce la qualità urbana e architettonica come una componente della qualità della vita nelle città in uno scenario, sedimentato diacronicamente,<br />fatto di aggregati urbani (non più città) e contesti paesaggistici irrimediabilmente modesti e sgradevoli, frutto dell’approssimazione professionale, dell’insensibilità imprenditoriale, della incompetenza amministrativa e del disinteresse delle comunità; propone, inoltre, un “Piano per la qualità delle costruzioni pubbliche” (art.12) e una “Fondazione per la qualità architettonica e dell’ambiente costruito” (art.13).<br />Le mozioni formulate da Asciutti, in qualche modo, completano e integrano quelle di Zanda soprattutto in merito all’introduzione di organismi di promozione e ricerca, consulenza, produzione e salvaguardia del patrimonio documentale (un po’ alla stregua dei conseil francesi) e alla individuazione di uno strumento operativo, a redazione biennale, che indichi settori e progetti prioritari dai quali trarre i migliori risultati in termini di qualità delle costruzioni (il Piano di cui all’art.12), stanziando le risorse annuali necessarie alla sua attuazione (2,5 milioni di euro a partire dal 2009).<br />Più modesto per argomentazioni e intenzioni appare, invece, proprio il testo governativo che, proposto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, ha visto il concerto dei Ministeri della Gioventù, delle Infrastrutture, dell’Istruzione, dei Rapporti con le Regioni e dell’Ambiente ed è stato approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 19 novembre 2008 per essere poi sottoposto al Senato, il successivo 5 dicembre, per il conseguente iter parlamentare.<br />Il ddl 1264, infatti, si limita ad una riproposizione, poco coraggiosa e decisa, di vecchie assunzioni ormai superate da anni di dibattiti, a volte tristemente “introversi”, qui trattate, per di più, in maniera generica e poco incisiva (un paradosso se le si pensa proposte proprio dall’Esecutivo) facendo riferimento esclusivamente alle Opere Pubbliche (art.1) per le quali, un po’ sterilmente, si ribadisce la necessità prioritaria di procedere attraverso i concorsi di progettazione, riservando premi speciali ai giovani (art.3).<br />Si delinea poi il riconoscimento del valore artistico delle opere di architettura contemporanea (art.4) immaginando premi (si badi bene di carattere non economico - art.5) agli enti pubblici o privati che abbiano commissionato opere di rilevante interesse architettonico o urbanistico;<br />anche il testo ministeriale propone la redazione di un Piano per la qualità architettonica (art.9) e la creazione di un Centro nazionale per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee (art.8) finalizzato a “(…) promuovere la conoscenza della cultura del patrimonio<br />architettonico e urbanistico mediante iniziative culturali, nonché(…) la costituzione di centri territoriali di documentazione(…)”: alla fine non poteva mancare la riproposizione della famosa, quanto inapplicata, Legge sulle opere d’arte nei nuovi edifici pubblici, nota come “legge del<br />2%”.<br />Insomma, come è ben evidente ai lettori più attenti: “niente di nuovo sotto il sole…!!!”, anzi… c’è da essere seriamente preoccupati e Il disegno di legge, di fatto, si riferisce esclusivamente alle opere pubbliche ed è rivolto alle Pubbliche Amministrazioni considerate solo come stazioni appaltanti, trascurando che i lavori pubblici rappresentano una percentuale minima di quanto complessivamente costruito e, spesso, già di per sé, di migliore qualità rispetto all’edilizia<br />corrente e privata, essa sì, spesso, vero emblema della “non‑qualita” architettonica: non sono precisate soluzioni orientate a creare “qualità” non sono proposte metodologie o approcci che possano guidare gli Uffici Tecnici, o altre istituzioni appositamente incaricate, alla verifica del valore della progettazione, non sono individuate risorse finanziarie dedicate (tutto dovrà essere a “costo zero”), non è innescato un processo di maturazione culturale d’insieme che abbia<br />protagonista l’intera collettività e la società civile, non è attivato un “percorso virtuoso” nel quale coinvolgere, soprattutto, gli istituti scolastici e le agenzie formative.<br />Sostanzialmente ci si limita alla retorica esaltazione dei concorsi di progettazione, “panacea di tutti i mali”, (come se l’esperienza italiana abbia sin qui dimostrato la loro efficacia o inattaccabilità rispetto alle prassi incancrenite di assegnazione degli incarichi), al demagogico<br />riferimento ai “giovani”, come necessario ingrediente per innovare (come se “giovane” (e chi scrive non ha ancora compiuto i Quaranta) sia solo colui che lo attesta anagraficamente, attentamente eludendo che, ad esempio, “creativamente dinamici” erano il settantaquattrenne Le Corbusier del Piano di Meaux, o il centenario Niemeyer dell’Auditorium di Ravello), al ribadito obbligo di riserva di destinazione del 2% dell’importo dei lavori ad opere d’arte (come se<br />una legge risalente al 1949, disattesa per più di mezzo secolo, possa improvvisamente rivivificarsi, o come se la “buona architettura” non possa essere considerata, di per sé, “opera d’arte”).<br />Ovviamente eludendo attentamente di riconoscere che la “Qualità” si raggiunge innanzitutto se “di qualità” sono, nel contempo, i professionisti (certo non quelli a cui si annullano le garanzie finanziarie minime liberalizzando lo scempio delle tariffe, incrementando, contemporaneamente, le responsabilità e gli adempimenti), gli imprenditori (spesso costretti a confrontarsi con un mercato tutt’altro che “puro” e trasparente), i funzionari pubblici (spesso incapaci anche solo di comprendere coerentemente la progettazione), le procedure autorizzative, le normative<br />e i regolamenti (contraddittori, inadeguati, carenti o inutilmente sproporzionati), e così via, e che la “Qualità” ha il suo costo in termini di aggiornamento professionale, adeguamento progressivo front/back, trasparenza, responsabilità,…<br />Diverso il panorama regionale? In Puglia, con la Legge Regionale 10 giugno 2008, n.14,<br />un’Amministrazione che intende rappresentarsi come innovativa, progressista e partecipata ha emanato un testo normativo che, riprendendo quanto da anni già “trito e ritrito”, non innova, non delinea “progressi”, non favorisce la partecipazione: anche qui, dopo le solite affermazioni di principio ci si risolve nella semplicistica attestazione che i concorsi di idee e di progettazione sono<br />“la principale garanzia per conseguire le finalità di qualità delle opere di architettura” (art.5), senza, però, dettare livelli di prestazioni, metodologie di relazione, regole di impegno, soprattutto, per le Pubbliche Amministrazioni.<br />D’altra parte quanto si confidi nella bontà e concreta applicabilità della Legge lo dimostra il fatto che, ad un anno dalla sua promulgazione, l’amministrazione regionale non ha ancora emanato nemmeno il Regolamento di cui all’art.16 e, tanto meno, ha soddisfatto gli impegni che<br />essa stessa aveva assunto ai precedenti articoli…<br />E allora la domanda iniziale dovrebbe più coerentemente derubricarsi in: può una legge creare la Qualità in Architettura? O, piuttosto, può solo limitarsi a delineare un contesto culturale e di opportunità volto a renderla concretamente raggiungibile, salvaguardando la buona progettazione e penalizzando quella mediocre, premiando (anche finanziariamente) gli approcci coerenti e maturi, semplificando le procedure, liberando il lavoro professionale da quella pletora di complessità e artificiosità inutili e dannose il cui soddisfacimento, troppo spesso, appare surrogare la qualità della progettazione? Se l’Architettura (e la sua ideazione, la sua creazione, la sua realizzazione, la sua qualità, la sua innovatività, la sua importanza sociale, l’essere testimonianza, l’essere memoria, l’essere testo collettivo, ecc.) è espressione della cultura, non è più coerente chiedersi se questa società, e i suoi modelli culturali dominanti, sono pronti, oggi, per una nuova qualità della progettazione?</div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-74426817031273081592009-07-31T04:00:00.000-07:002009-08-28T09:12:05.336-07:00INTERVENTI. Arch. Di Giacinto - Ing. Perchiazzi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT3gpGWMSAhDewSAe6isp3BfnjSl6ymVOKjzCGLpiMXwtFDV_g-BVeZPtqTuTLLzGu-Z_zILlb5t0MDTxdH_IdO5ifPyK7OPHp_MhkExTiMW5DJVwLtBxjCdb9zT1FQZ5fivVi2FDnNr0/s1600-h/pag_18.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373939120546750546" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 218px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT3gpGWMSAhDewSAe6isp3BfnjSl6ymVOKjzCGLpiMXwtFDV_g-BVeZPtqTuTLLzGu-Z_zILlb5t0MDTxdH_IdO5ifPyK7OPHp_MhkExTiMW5DJVwLtBxjCdb9zT1FQZ5fivVi2FDnNr0/s400/pag_18.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:180%;color:#990000;">"A LA RECHERCHE DE LA QUALITE' PERDUE" NELLE OPERE PUBBLICHE</span></strong></div><br /><div align="center"><br />Come declinare il tema della “qualità” della/nella progettazione delle Opere Pubbliche? Quali gli strumenti procedimentali previsti dalla legislazione vigente che possano consentire di perseguire “obiettivi di qualità”?<br />Queste le tracce principali su cui si sono incentrate le conversazioni che ARCHITETTITARANTO ha pensato di proporre ai dirigenti degli uffici di progettazione opere pubbliche per la Provincia di Taranto (Arch. Roberto di Giacinto) e per il Comune di Taranto (Ing. Nicola Perchiazzi) riportando, quasi in parallelo, i due punti di vista e cercando di ricostruire, ugualmente, un percorso comune.</div><br /><div align="center">conversazioni a cura<br /><em>di Antonello Simeone e Filippo Piccinno<br /></em></div><div><br /><strong>ARCHITETTITARANTO: si potrebbe partire proprio dal cercare di comprendere quale “qualità” è richiesta ad un’opera pubblica…</strong> </div><div><strong>ARCH. DI GIACINTO</strong>: innanzitutto è da effettuare una distinzione tra “qualità della progettazione” e “qualità del progetto”, inteso come prodotto finale, risultato conclusivo, tanto più nell’ambito degli interventi di edilizia, rispetto a quelli di infrastrutture….<br />Ovviamente il punto di partenza per ogni ragionamento è quello normativo, vincolante soprattutto nelle procedure di affidamento… Lo sforzo, quindi, tenendo conto dei principi essenziali sanciti nella legislazione comunitaria, è quello di mediare tra la correttezza e<br />legittimità del procedimento (finalizzato ad individuare il soggetto affidatario) e l’obiettivo di conseguire la “qualità”, obiettivo che, nel D.P.R. 554/99, trova, quanto meno, un’interpretazione tecnicistica (quantità, tipologia e numero di elaborati, problematiche ambientali, riferimenti normativi, processi di validazione, e così via): è questo, indubbiamente, un protocollo di verifica della qualità rigido e, per così dire, “formale” che non consente, in fondo, l’espressione di<br />approfondite e complete valutazioni “di merito”.<br />Nello specifico, ritengo più adatte a conseguire la “qualità” nella progettazione le procedure di affidamento tramite offerta economicamente più vantaggiosa o per mezzo di concorso di<br />progettazione, specie per opere e importi rilevanti, procedendo, quindi, con l’individuazione, prima, dei soggetti idonei a concorrere e, successivamente, attraverso la selezione delle migliori proposte formulate, scelte per caratteristiche qualitative e metodologiche…</div><div><br /><strong>AT: …quali, allora, i criteri di giudizio che, attraverso l’offerta metodologica, consentono di giungere alla “qualità”, riservando precise garanzie alla Stazione Appaltante?<br />A.d.G</strong>.: personalmente condivido con convinzione l’impostazione che è pervenuta dalla Comunità Europea in merito agli affidamenti di servizi (cfr. circolare 1° marzo 2007), in particolare, per quanto concerne la procedura tramite “offerta economicamente più<br />vantaggiosa”, ove è stata individuata una precisa distinzione tra professionalità e caratteristiche del soggetto partecipante (cioè gli aspetti, per così dire, “strutturali” e curriculari del concorrente) e offerta tecnico‑economica proposta, la quale deve essere necessariamente attinente l’oggetto dell’intervento così da poter più coerentemente stimarne e misurarne il “valore” e la qualità. Le prerogative soggettive dell’offerente, quindi, hanno lo scopo,<br />unicamente, di consentire una adeguata pre‑selezione dei partecipanti (nel numero previsto per le procedure “aperte” o “ristrette”), definendo una prima soglia di qualificazione e consentendo, in seguito, di richiedere ai selezionati una proposta mirata sulla base del capitolato predisposto dalla Stazione Appaltante nel quale siano esplicitati i requisiti prestazionali, gli obiettivi del progetto, i criteri qualitativi e le conseguenti metodologie di valutazione: ritengo, così,<br />tale procedura uno strumento utile ed efficace per il perseguimento della qualità…<br />La relazione metodologica, ad esempio (alla quale, però, l’Amministrazione non può richiedere surrettiziamente i contenuti di un concorso), dovrà essere redatta come strumento tecnico<br />“particolare”, non generale e indefinito, e, in conseguenza, elaborato specificatamente per l’oggetto dell’incarico con lo scopo, soprattutto, di evidenziare le singole e particolari problematiche, individuando le specifiche soluzioni e le varianti possibili: è questo, però, un<br />approccio che non di rado viene eluso dai concorrenti… </div><div><br /><strong>AT: perché non procedere allo stesso modo anche per gli incarichi al di sotto dei 100.000 euro, allora?<br />A.d.G</strong>.: è possibile: certo il ricorso ad una procedura comunque complessa come questa deve trovare ragione in una giustificazione coerente, soprattutto facendo riferimento alla complessità delle opere e all’entità economica dell’incarico: non può trascurarsi, poi, che, considerato il complessivo “clima economico” che vivono in questo periodo le Pubbliche Amministrazioni, il ricorso alla procedura “al massimo ribasso” venga spesso privilegiato per pure ragioni “di<br />cassa”… </div><div></div><div><strong>AT: difficile però perseguire la qualità ribassando “al massimo” onorari e tempi…<br />A.d.G</strong>.: certo ridurre esageratamente tempi ed onorari è un rischio per un progetto di qualità, ma, purtroppo, è quanto disposto dalla legislazione vigente, a partire dall’art.64 del D.P.R. 554/99, né è nelle possibilità del RUP, o dell’Amministrazione, poter derogare a tali<br />prescrizioni… Per quanto riguarda, nello specifico, gli eccessivi ribassi proposti questi dovrebbero forse trovare maggiore argine, in regime di liberalizzazione delle tariffe, proprio nelle norme deontologiche, più che nelle scelte delle Pubbliche Amministrazioni… </div><div><br /><strong>AT: è sicuramente vero che una parte sostanziale di responsabilità è del mondo professionale…</strong><br /><strong>A.d.G</strong>.: …ecco perché, quando possibile, prediligo l’affidamento tramite offerta economicamente più vantaggiosa, proprio in quanto capace di coniugare al meglio una scelta coerente e “garantita” del progettista, con i benefici tecnico‑economici attesi dalla Stazione Appaltante. </div><div><br /><strong>AT: … e per quanto concerne i concorsi di progettazione?<br />A.d.G</strong>.: E’ una procedura che reputo utile quando l’Amministrazione desidera un prodotto di qualità, altamente tecnologico e dall’evidente valore architettonico, riservandosi, quindi, la possibilità di effettuare la scelta tra i concorrenti non solo in base ad una relazione di<br />metodo ma anche sulla scorta di elaborazioni grafiche più specifiche ed approfondite: per questo, ritengo, si presti meglio ad opere eminentemente di “architettura” e anche di una certa rilevanza. </div><div><br /><strong>AT: affidato l’incarico, allora, nell’ambito del percorso progettuale, quali i requisiti di “qualità” che ritieni imprescindibili? Quale il rapporto di interrelazione tra RUP e progettista?<br />A.d.G</strong>.: Il punto di partenza è, ovviamente, quanto richiesto dal D.P.R. 554/99 sebbene sia comunque affidato al RUP il ruolo, per così dire, di “personalizzare” quanto richiesto in funzione della natura, complessità e funzione dell’intervento specifico. Per quanto riguarda l’ufficio che dirigo, l’approccio che impieghiamo vede un rapporto molto stretto con i progettisti al fine di ottenere un risultato valido dal punto di vista formale, rispettoso delle norme tecniche vigenti, corretto dal punto di vista regolamentare… In particolare, poi, per le nuove realizzazioni, specie a destinazione scolastica, maggiore impegno è posto, da parte dell’ufficio, ad indirizzare i professionisti verso un prodotto architettonico qualificato facendo riferimento anche a modelli tratti dal mercato privato o frutto delle conoscenze acquisite in ambito pubblico, facendo tesoro,<br />per quanto è stato il mio personale percorso professionale, delle esperienze svolte come libero professionista, approfondendo lo studio, le analisi e le verifiche soprattutto in fase di progettazione preliminare e definitiva ove affrontare e risolvere tutte le problematiche<br />realizzative presenti demandando all’esecutivo il ruolo previsto dalla norma di pura cantierizzazione di quanto autorizzato. </div><div></div><div><strong>AT: …ancora di più se si attribuisce all’Architettura, specie quella scolastica, un valore, per così dire, pedagogico e un significato “democratico”…<br />A.d.G.:</strong> Certamente: spesso, infatti, gli interventi di cui ci occupiamo nascono da esigenze e bisogni emergenti da addetti e fruitori e con essi affrontati e approfonditi anche tenendo conto dei possibili futuri utilizzi, flessibili e molteplici, degli aspetti gestionali e manutentivi<br />e dell’evoluzione della didattica facendo sì, quindi, che spesso ci si spinga anche oltre i minimi/massimi previsti dalla legislazione vigente che, per il settore specifico, è, in alcuni aspetti, superata o inadeguata… </div><div><br /><strong>AT: …comprendendo anche gli aspetti connessi alla “sostenibilità”…<br />A.d.G</strong>.: Senz’altro, è auspicabile: tant’è che ho già proposto, in alcuni casi, disciplinari prestazionali proiettati alla “sostenibilità” anche se questo è comunque un aspetto complesso in quanto bisogna comunque relazionarsi con un mondo produttivo non del tutto all’altezza e con i vincoli posti dalla normativa in merito alla scelta e all’individuazione di beni, materiali e fornitori… Indipendentemente da questi aspetti, comunque, un primo passo è certamente rappresentato dalla corretta valutazione del sito, del clima, degli orientamenti, delle forme, e così via…a partire proprio dall’elio‑rientamento, inteso non soltanto come apporto di<br />illuminazione naturale… </div><div></div><div><strong>AT: Ma allora: la “qualità” ha il suo costo dal punto di vista progettuale?<br />A.d.G</strong>.: Sicuramente… anche se dovrebbe essere sempre obiettivo di chi commissiona un progetto, mettere in condizione il professionista di esprimere il massimo del proprio contributo professionale… </div><div></div><div><strong>AT: …ne consegue quindi un forte impulso al mondo professionale alla qualificazione e all’aggiornamento costante …</strong> </div><div><strong>A.d.G</strong>.: e alla “buona progettazione”!!</div><br /><div></div><br /><div></div><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5373939676081333090" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 211px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinoJ5ATnUUUYk1UOV2HIrocfklqx2oszp7EFhRBQoNDz9-TmxvIU_xFuqOxTbcI42EfLBJZcUHq4PTk2ju4kx1O4K8OIsbBRcTagzxlhxa5CuyZ51mvLx9cu-vfRI7qogtwYUnio9qt9g/s400/pag_20.jpg" border="0" /><br /><div><br /><strong>ArchitettiTaranto: Le opere pubbliche di ogni città, a cominciare dalle infrastrutture, sono la spina dorsale dello sviluppo di Piano gestito dalle amministrazioni di ogni centro abitato. Qual è il<br />significato del termine “qualità” nella pianificazione e nella vita quotidiana dell’ufficio preposto ai cosiddetti Lavori Pubblici?<br />Ing. Nicola Perchiazzi</strong>: Devo prima di tutto spiegare che, a pochi mesi di distanza dal mio insediamento in quest’ufficio (da gennaio 2009 ndr), ho dovuto affrontare immediatamente problematiche relative alla gestione di opere in corso con carattere di urgenza e che, anche se rientrano nell’ordinaria amministrazione delle cose, sono necessarie ed inderogabili. Con questo voglio dire che non c’è stato ancora il tempo per occuparsi delle questioni legate alla “qualità”<br />che ritengo essere un argomento comunque primario nello sviluppo ed anche, come ho detto, nella semplice gestione ordinaria e nella programmazione del lavoro del nostro ufficio. Personalmente devo raccontare di essere sempre stato un appassionato di architettura e<br />della storia dell’architettura in quanto, pur da ingegnere laureato con indirizzo edile, ho approfondito spesso le tematiche architettoniche nazionali e le opere realizzate dagli architetti più famosi al mondo. Pertanto capisco bene cosa significhi conferire “qualità” ad un<br />progetto e cercare di sensibilizzare, soprattutto, le amministrazioni pubbliche su questo argomento. </div><div><br /><strong>AT: Quindi sarà d’accordo con l’affermare che per perseguire la qualità nella realizzazione delle opere pubbliche occorre partire da una visione culturale che nasce anche da questi uffici, dai suoi<br />dirigenti, dalla sensibilità di chi li gestisce e, molto probabilmente, dall’organizzazione funzionale di tutti i suoi reparti…</strong><br /><strong>NP</strong>: Certamente non possiamo fare tutto da soli in quanto, e devo essere chiaro, moltissimo tempo viene impiegato per l’organizzazione e la gestione ordinaria dei lavori pubblici quotidiani.<br />In questo reparto vi è un continuo lavoro basato sulla manutenzione, sulla gestione, sul rapporto quotidiano con il cittadino, che non ci permette di occuparci, in maniere puntuale, di questioni qualitative propriamente dette. Ma a questo proposito devo anche dire che, dovrebbe vedere la luce l’intervento di ristrutturazione del Palazzo degli Uffici che potrà riqualificare una parte del Borgo; inoltre vi sarà una rifunzionalizzazione di uffici importanti, come ad esempio il trasferimento della sede dei Vigili Urbani che, tra l’altro, è proprio visibile da queste finestre… </div><div><br /><strong>AT: …si, ma da queste finestre è anche visibile il piazzale BESTAT, una delle ultime opere (e successive a questa, francamente, non ne ricordo) che hanno costruito una parte di città nello spazio di confine esistente tra il pubblico ed il privato, tra gli edifici per uffici e per appartamenti e la piazza attrezzata, il portico, i sovrappassi pedonali, il sottopasso veicolare … insomma un’opera di architettura ed urbanistica con l’identità riconoscibile degli anni in cui fu realizzata…<br />NP</strong>: E’ vero, spesso l’architettura colta ha avuto una capacità di incidenza troppo limitata sulla costruzione della città. Nel senso che è rimasta accantonata, non si è diffusa, non si è fatta comprendere e quindi è caduta anche nel degrado. Ma questo non significa che non si debbano promuovere interventi di architettura importanti, magari anche con la guida di architetti famosi… </div><div><br /><strong>AT: Si riferisce per caso agli interventi delle Archistar? Come vedrebbe, in questo senso, l’attivazione di concorsi pubblici di idee? Magari con l’apporto di qualche importante studio di architettura nazionale o estero sulla nostra città, anche solo a titolo di ricerca, per innescare un dibattito sull’argomento della “qualità” e svegliare l’animo cittadino sensibilizzandolo sulla riprogettazione della città…<br />NP</strong>: Sarebbe l’ideale poter usufruire anche solo per qualche ora dell’apporto culturale di un grande architetto per conoscere meglio i problemi della nostra città. Anche solo il fatto che le problematiche urbanistiche interne vengano viste con l’occhio di chi viene da fuori, apre nuovi orizzonti e apporta nuove idee su cui discutere…, io sarei e dirò che, siccome sono molto interessato all’argomento, sarebbe il caso di coinvolgere proprio il vostro Ordine, unitamente alle altre organizzazioni, per aprire un tavolo quasi quotidiano su cui incontrarsi per dibattere dei problemi urbanistici del territorio. Ovviamente è materia molto legata all’ufficio Edilità ed Urbanistica, al quale dobbiamo fare sempre riferimento e con cui concertare unitamente<br />dei possibili incontri con voi e con tutti gli interessati della materia. Devo dire che in questa amministrazione ci sono esponenti che sono molto attenti ed interessati a questi argomenti e, sicuramente, appoggerebbero una iniziativa di questo genere. </div><div><br /><strong>AT: Tornando all’argomento della realizzazione di nuove opere pubbliche, ritiene che lo strumento del “massimo ribasso”, sulle offerte economiche, sia garanzia di perseguimento della “qualità” nella progettazione? Esiste la possibilità di controllare qualitativamente un’opera pubblica? Oppure è tutto demandato alla sensibilità del progettista più o meno attento alla qualità della sua opera? E poi perché la realizzazione delle infrastrutture è appannaggio di progetti solo di tecnica delle costruzioni? Anche la progettazione di un cavalcavia stradale può conferire qualità allo spazio urbano di una città, non fosse altro perché si tratta di opere<br />ad elevata visibilità spaziale.<br />NP</strong>: Sicuramente il meccanismo del “massimo ribasso” deve essere rivisto, anche se le procedure con cui i nostri uffici possono perseguire la qualità progettuale sono molto legate ai costi delle opere, a chi le dirige, alle imprese… A riguardo delle opere di infrastrutture spesso si pensa che siano di esclusiva competenza ingegneristica e quindi gli architetti non sono purtroppo considerati…, è un fatto di cultura. </div><div><br /><strong>AT: Sull’argomento imprese dovrei aprire una parentesi e chiedere anche a Lei come mai oggi, con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione, le imprese locali siano rimaste al palo e continuino a lavorare, per la maggior parte, con strumenti e tecniche arretrate e legate a tecnologie superate. Per non parlare della manodopera ormai, proprio qualitativamente, di basso livello. Personalmente credo che le imprese siano in gran parte responsabili della mancanza di qualità nella realizzazione di un’opera. Infatti, quando la qualità realizzata esiste, essa stessa è trasversale anche al progetto…<br /></strong>NP: Di fatto constatiamo, nella nostra città, una presenza qualitativa a macchia di leopardo e questo avvalora indubbiamente la sua tesi sulla scarsa scuola imprenditoriale e sulla scarsa qualità del costruito. Inoltre gli interventi sono solo spontaneamente realizzati più o meno meglio di altri. C’è una grossa difficoltà a riconoscere nella produzione estetica dello spazio un ruolo di miglioramento delle possibilità di vita. Io sono personalmente convinto che la qualità degli<br />spazi urbani determini un grande miglioramento degli stili di vita.<br />Anche dove c’è il degrado, il progetto ben fatto è molto importante per scoraggiare il vandalismo: il vandalo ha paura del bello e, prima o poi, lo rispetta. Pertanto bisogna insistere sulla strada della qualità. Ma bisogna essere anche attenti a calibrare gli interventi: non basta lastricare di pietra una strada o sistemarci dei lampioni in stile per conferire qualità ad un luogo. Nel mondo ci sono molti esempi di città basate sulla qualità apportata da grandi architetti: sono molto legato,<br />a questo proposito, all’idea delle opere di architetti come Niemeyer che in Brasile hanno progettato magistralmente l’urbanistica con qualità ed arte. Tutto questo mi interessa molto e, ripeto, siccome non possiamo fare tutto da soli, questo ufficio avrebbe bisogno proprio di un tavolo d’incontro specifico sulla qualità per discuterne soprattutto con voi progettisti.<br /></div><br /><br /><div align="left"></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-14586090880149996812009-07-31T03:00:00.000-07:002009-08-28T09:12:19.976-07:00Pensare Sostenibile<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhek5rTJ11Njhj5_jcBHb8ES6vkT07NEI8-lnC8XNi-LGzWg-KlmfGxij1Uv6ElWDd4NpbXUi70Md2W1dcJKAXYDrQ-OHqaLbOV65P9PU1hjD77ZlBroXNVxcz08UlIE40UFCDN__KJVsE/s1600-h/pag_22.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5374691605320002802" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 133px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhek5rTJ11Njhj5_jcBHb8ES6vkT07NEI8-lnC8XNi-LGzWg-KlmfGxij1Uv6ElWDd4NpbXUi70Md2W1dcJKAXYDrQ-OHqaLbOV65P9PU1hjD77ZlBroXNVxcz08UlIE40UFCDN__KJVsE/s400/pag_22.jpg" border="0" /></a> <div align="center"><strong><span style="font-size:180%;color:#990000;">A.A.A. PPC CERCASI IDEE PER MATITE URBANE</span></strong></div><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><em>MANUALE D(')ISTRUZIONE DELLA SOSTENIBILITA' CIVILE</em></span></strong><br /></div><div align="center"><em></em></div><div align="center"><em>di Luigi Oliva</em></div><div><br />“Dans quelques heures l’ensemble des images qu’a produit<br />l’humanité aura passé en nombre celui des créatures vivantes[.]<br />la rupture de l’équilibre entre le paraître et la vie.”<br />(Yves Bonnefoy, Rue Traversière et autres récits en rêve,<br />Mercure de France, Paris 1987)</div><div></div><div><br />Mentre scrivo, nell’ovattata, vibrante, alienazione di un vagone, attraverso un tratto di quell’infinita città-lineare-stagionale che è la costa adriatica, nell’attimo in cui l’estate alle porte<br />scalda i colori delle relazioni nella decentralità salata all’italiana.<br />Accompagnato dalle visioni di Bonnefoy, penso all’architettura, che delle immagini ha fatto il suo alimento iperreale, da quando il “maestro” ha lasciato la bolla per prendere la matita e poi il mouse.<br />Bastano gli architetti per cambiare e governare la città? Evidentemente, no.<br />Nell’habitat del professionista del XXI secolo, riviste illibate nel loro imene di cellophane ricoprono pavimenti mordentati. Dietro, file polverose di strisce-titolo/autore costituiscono<br />il necessario background bibliografico, utile per un cordiale lunch tra colleghi. Alberti e Vitruvio<br />sono i fossili della conoscenza che contendono la retorica delle forme ai “giovani” Giedion,<br />Christaller, Sitte. Nell’attesa che nasca e muoia persino quel simpatico nonnino di Venturi,<br />perché non rilassarsi nel classico landscape radieuse, con le torri colorate e i collages di<br />signorine sunglass che portano a spasso cani bianchi, pelosi, pettinati?<br />Prigioniere dell’immagine, le archistar «vengono convocate come eroi culturali nei talk-show<br />che contano. Ma sono in realtà esecutori in bello stile di un’arte regimentale, senza più<br />nessuna consapevolezza della loro funzione sociale». Le riflessioni di Cristiano de Majo,<br />che ha attraversato la periferia napoletana per Diario (n.7, maggio 2009, p.17), mi riportano alla<br />mente l’agrimensore K (F. Kafka, Il castello) per il quale l’agire «si manifesta così perfettamente<br />prigioniero dell’ordine dei fatti da rendere inconcepibile il timbro stesso della decisione».<br />Eppure la città è lì, che scorre sempre nuova, come il fiume di quel greco, spinta dall’energia<br />degli Uomini e della Terra. L’assenza degli Architetti ha aperto la città ad altre figure in grado<br />di esplorarla: i sociologi, gli psicologi, i climatologi, gli alimentaristi, i criminologi, i giornalisti, i poeti, gli economisti, … persino i preti, attraverso parole e immagini, descrivono le contraddizioni della contemporaneità costruita. Aprono strade come urbanisti all’interno di ignoti territori della convivenza. Pianificano paesaggi artificiali, anticipandoli con precisione infinitamente maggiore delle sterili macchie di colore su un plottaggio a bandiera.<br />Se l’analisi, la sintesi e persino il progetto del futuro di una città come Taranto si colgono realisticamente soltanto nei libri d’inchiesta, nei disegni dei bambini o nei film ambientati tra gli spazi del quotidiano, allora gli architetti devono colmare la loro carenza etica e culturale per<br />aprirsi all’approccio multidisciplinare. Necessità di senso, ma anche di dignità, di un ruolo che è quotidianamente negato dall’immagine della periferia contemporanea.<br />Decenni di non luoghi (Augè) non hanno scalfito la sete di astronavi da rivista, fino al battesimo dei superluoghi: i «grandi impianti architettonici in cui infrastrutture e funzioni si sommano dando vita ad ambienti standardizzati, pensati per il consumo da parte di folle che lì<br />si incontrano senza necessariamente entrare in relazione» (La civiltà dei superluoghi, a c. Agnoletto, Delpiano, Guerzoni, Bologna, Damiani 2007). La spersonalizzazione dell’uomo nella città-meccanismo disegnata, avulsa dal senso di identità, ha prodotto moltitudini di non<br />persone che sfuggono ad ogni logica di integrazione e pianificazione (A. Dal Lago, Non persone, Feltrinelli 2004). Il formalismo marziano dell’architetto di provincia, stretto tra logiche costruttive decrepite e finiture da ultimo grido, è immune alle teorie del determinismo urbano<br />(J. Jacobs, The Death and Life of Great American Cities, New York, 1961; O. Newman, Architectural Design for Crime Prevention, New York 1971). Salvo, poi, lamentarsi del degrado sociale e della lesa maestà di “creatore” quando i bisogni vivi delle persone e dei gruppi si esprimono attraverso l’azione individuale autoreferenziale o la rifunzionalizzazione abusiva ma condivisa di strutture architettoniche ed urbanistiche inadeguate. Gli architetti si sentono estranei alle vicende delle banlieu francesi, dei campi rom, o alle rivolte dei ghetti di Malmö. Lì, invece, emerge il conflitto sociale prodotto dalla segregazione urbana. La città dei<br />satelliti e delle unità funzionali, diventa la città insostenibile della divisione, della stigmatizzazione delle condizioni sociali, dei muri. E gli architetti, da sempre, sono molto bravi a disegnare muri…<br />Ma quali sono gli scenari della città sostenibile? Ad aprile 2009, a Roma si è svolta Ecopolis, una manifestazione «dedicata al tema della vita nell’ambiente urbano [per i] responsabili<br />della qualità della vita delle persone nelle grandi città, in grado di presentare esperienze, tecnologie e progetti per costruire contesti urbani realmente sostenibili» (<a href="http://www.ecopolis.fieraroma.it/">http://www.ecopolis.fieraroma.it/</a>). Tra le conferenze tenute sullo sfondo di postazioni di operatori delle tecnologie ad impatto zero e speculatori dell’ecologia di facciata,<br />è stata presentata una ricerca svolta dall’Urban Design Lab, Earth Institute della Columbia University dal titolo: Urban Climate Change Crossroads (a cura di R. Plunz e M. P. Sutto). Gli incroci di cui si riferisce nel titolo sono sia quelli tra modelli urbani e impatto sul clima, sia quelli metodologici tra settori disciplinari che devono necessariamente trovare forme di dialogo per operare efficacemente.<br />Tra le righe degli interventi di diversi specialisti, l’architettura è “gentilmente” invitata ad abbandonare − come fece a suo tempo la pittura di Dalì − la cornice delle squadrature inkjet con la mascherina, per incontrare in maniera propositiva la realtà implementando l’analisi, la partecipazione, l’ambiente e la tecnologia. L’importanza ambientale dell’edilizia si coglie considerando che oggi le città assorbono energie responsabili del 78% dei gas serra e che<br />nel 2050 il 75% della popolazione mondiale risiederà nelle città. Non è esagerato affermare, dunque, che l’industria delle costruzioni è, in assoluto, la più dispendiosa e distruttiva delle attività umane (R. Plunz, p.9).</div><div>Le città sono, quindi, protagoniste nei processi globali per la sostenibilità e la loro azione comporta la “mitigazione”, delle cause del dissesto con variazioni nel sistema strutturale, economico e sociale; oppure l’”adattamento” progettuale agli effetti del surriscaldamento e<br />della desertificazione. L’approccio internazionale più diffuso mescola entrambe le azioni attraverso processi concertativi che coinvolgono i portatori di interesse, i pianificatori e il settore privato (C. Rosenzweig, p. 40). Prendendo a riferimento Taranto, invece, l’atteggiamento<br />prevalente sembra essere l’inerzia, per la quale tutte le esternalità dell’impatto ambientale ricadono sulla cittadinanza.<br />Secondo il concetto di Giustizia ambientale introdotto già a partire dal 1980 negli Stati Uniti (J. Sze, p.11), esiste una grave disparità nella gestione dello spazio e delle risorse sia a livello mondiale, attraverso stili di vita e consumi; sia a livello urbano, con la gerarchizzazione ambientale, architettonica, infrastrutturale degli spazi della città, che portano a vistose sproporzioni tra classi sociali. Taranto, con i suoi quartieri popolari degradati e schiacciati contro l’industria pesante, con l’isolamento spaziale e la carenza dei servizi, rappresenta un<br />esempio in grado di tradurre persino in termini di aspettativa di vita, oltre che di benessere, gli effetti pianificatori di logiche elitiste. Un’attualità tristemente anacronistica, in una fase in cui, altrove, le città vengono valutate non più in base al Prodotto interno lordo (PIL) ma al Benessere interno lordo (BIL). Quest’ultimo fattore è in grado di interpretare meglio le tendenze del<br />popolamento urbano e sostanzia i fenomeni di emigrazione e immigrazione su scala più vasta.<br />La percezione del benessere interessa anche la competizione tra le città in termini energetici,<br />territoriali, economici, occupazionali ed i processi di aggregazione metropolitana da<br />governare in modo sostenibile (M. Caroli, p. 58).<br />Il termine governance è ormai uno slogan del tecnicismo politichese, ma se lo intendiamo e<br />sviluppiamo nella sua valenza urbana di «pratiche di organizzazione dell’azione collettiva» (H.<br />Bulkeley, p.30) diventa il motore della capacità di discussione e di gestione costruttiva dei conflitti, attraverso il dialogo e il consenso partecipato (M. Sclavi, p. 103). Tra i tanti modelli collaudati i più noti sono quelli di Agenda 21, mentre le aree vaste, pur essendo strategiche, stentano dalle nostre parti ad abbandonare la logica lideristica e dirigistica.<br />Il tema governance e sostenibilità riporta alla mente la 10. Mostra Internazionale di Architettura<br />di Venezia. Nel corso della kermesse, vennero esplorate in maniera spettacolare le megalopoli<br />mondiali, poste ad un bivio esistenziale di gestione o esplosione.<br />La città fu riconosciuta come forma insediativa vincente in grado di creare e sviluppare reti<br />di polarità infinitamente più funzionali e produttive di quelle tra stati. «Il paradosso urbano per definizione,[…], è un’equazione profondamente spaziale dall’enorme potenziale democratico» per cui «la forma che attribuiamo alla società influenza la vita quotidiana di chi vive e lavora nelle città» (R. Burdett, M. Kanai, La costruzione della città in un’era di trasformazione urbana globale, in Città. Architettura e società, Marsilio,Venezia 2006, vol.1, p.3). La città nasce autonoma e, se supportata da un solido sistema di governance e da una cultura identitaria forte, manifesta questa tendenza nella storica contrapposizione con il potere centrale (D. Bidussa, Diario, cit., p.60).</div><div>Saskia Sassen è una delle più note sociologhe ed economiste mondiali, che ha indagato il ruolo delle città su scala internazionale mettendolo in relazione con il dinamismo del tessuto sociale e<br />spaziale. I risultati della sua ricerca sono sorprendenti: il motore della diversità e della densità che alimenta le città costituisce il sostrato dinamico che permette di reagire velocemente e in<br />modo sostenibile ai processi di cambiamento globale. «Le città di oggi costituiscono il terreno su cui persone di tutto il mondo si incrociano con modalità non possibili in alcun altro luogo».<br />Nella città sana e sostenibile, «nella misura in cui potenti attori globali avanzano crescenti richieste di spazio urbano rimuovendo, perciò, da esso fruitori meno potenti, lo spazio urbano si politicizza nell’atto di ricostruire sé stesso». In questa complessità positiva, «l’informalità sta imponendosi come nuovo tipo di economia collegato ad aspetti fondamentali del capitalismo avanzato». Ciò consente a professionisti e creativi di «lavorare negli interstizi degli spazi urbani e organizzativi, sfuggendo alla corporativizzazione» (Perché le città sono importanti, in Città…, cit., p.43) Le città libere governano attivamente l’economia e, sono in grado di agire all’interno dei propri territori con la pianificazione ma soprattutto in modo informale, attraverso «una rivalutazione dei terrains vagues e degli spazi più modesti, dove le abitudini della gente possono contribuire alla creazione dello spazio pubblico». Questa riqualificazione spontanea si avvicina al “restauro ecologico urbano” introdotto da Plunz che indica nel territorio consumato e degradato all’interno delle città la risorsa economica su cui impostare una strategia di accumulazione naturale e risparmio ecologico (Urban Climate …, cit. p.6).<br />La frontiera dell’informalità, governata con l’azione condivisa, rappresenta una sfida rilevante della sostenibilità urbana in chiave macro e micro-economica. Assumendo che “la città è partecipazione” e ripensando la città-macchina come cittadinanza, reale corrispondenza di forma e contenuto, si dischiudono prospettive creative che superano i concetti tradizionali di abitazione e urbanità: l’ancien régime degli architetti.<br />Da alcuni anni, Architetti Senza Frontiere conduce un’indagine sull’abitare informale e sui meccanismi della lettura e appropriazione dello spazio da parte di gruppi marginalizzati. Si promuove la progettualità partecipata per affrontare il disagio abitativo, le<br />soluzioni per i richiedenti asilo, l’autocostruzione con soggetti deboli (http://www.asfitalia.org/). Su basi simili, gli Ecomusei Urbani Metropolitani, fondono innovazione delle politiche di conservazione e valorizzazione partecipativa del patrimonio culturale. L’Ecomuseo<br />Urbano di Torino (Eut, 2004), sta elaborando la Carta per il Patrimonio culturale urbano sviluppando la capacità di stabilire in primis quale patrimonio davvero appartenga ad una comunità consapevole. Nella mappa partecipata di Niguarda (www.tramemetropolitane.it), con<br />l’ausilio del Politecnico di Milano si sta sperimentando un Gis (http:// quidtum.wordpress.com/) per stratificare dati creando un’interazione tra l’elemento tecnico e quello partecipativo. Per il proprio Piano di governo del territorio, il Comune di Canzo ha adottato l’“epartecipation”:<br />i cittadini segnalano i loro punti di vista sul territorio in un blog georeferenziato (S. Dell’Orso, Un ecomuseo urbano, http:// www.arcipelagomilano.org/?p=2722). In Salento, la rete ecomuseale<br />si concentra sul rapporto cultura popolare/promozione (<a href="http://www.ecomuseipuglia.net/">http://www.ecomuseipuglia.net/</a>).<br />Siamo agli albori della «coproduzione della città con interventi non frammentari sull’insieme urbano. Qui si apre la strada più ricca e suggestiva dell’architettura di partecipazione, quella che riguarda il recupero e l’indicazione della ricomposizione della città dal punto di vista degli abitanti in quanto società civile, in aperto dialogo con le autorità cittadine e con i responsabili dei progetti stimolati dall’iniziativa privata capitalista […]. Ci troviamo dunque nell’agone della lotta per la città […] che speriamo sia più umana, più libera e più democratica» (C. Gonzàlez Lobo, in Architettura, partecipazione sociale e tecnologie appropriate, Jaca Book, Milano 1996, p.113).<br />La realtà urbana tarantina è ancora molto distante da questi modelli sostenibili e partecipativi. Tra le poche iniziative per la promozione della creatività e dell’informalità spicca l’azione delle Politiche Giovanili della Regione Puglia (Bollenti Spiriti, Principi Attivi, ecc), in cui anche molti giovani architetti cercano di ridare senso sociale e culturale all’architettura attraverso l’innovazione e l’azione partecipata sul campo.<br />Senza vitalità e consenso, in un sistema prevalentemente oligarchico e chiuso, la città è condannata al consumo delle proprie risorse e ad una lenta necrosi implosiva, dove gli architetti, perso il proprio ruolo, saranno sempre più simili ai mille vigili di Eliot «che dirigono il traffico<br />e non sanno dirvi perché venite né dove andate» (T.S. Eliot, La roccia, Bibl. via Senato, Milano 2004, p.77).</div><div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-17006566205353981152009-07-31T02:00:00.000-07:002009-08-28T09:12:35.959-07:00Media<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhurq-mVXntEGhOSfPQ7gdfzXP9-uv1mW6oByKpcHA9HNVnPt4yo85j54JpHFQSJ-RqTdOi9mSEAoFtfNT4khyphenhyphen1bh7CsDo0-lAkhyphenhyphenO6VCMaZZnngkJF_NJ3Z-jQcNdD2M4r3IdNq325nLM/s1600-h/pag_25.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5374694097977989058" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 287px; CURSOR: hand; HEIGHT: 320px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhurq-mVXntEGhOSfPQ7gdfzXP9-uv1mW6oByKpcHA9HNVnPt4yo85j54JpHFQSJ-RqTdOi9mSEAoFtfNT4khyphenhyphen1bh7CsDo0-lAkhyphenhyphenO6VCMaZZnngkJF_NJ3Z-jQcNdD2M4r3IdNq325nLM/s320/pag_25.jpg" border="0" /></a> <div align="center"><strong><span style="font-size:180%;color:#990000;">ARCHITETTURA, ARCHITETTI E SPOT TV</span></strong></div><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><em>ARCHISPOT: L'UNIVERSO DEI LUOGHI COMUNI DELLA PUBBLICITA'</em></span></strong></div><div><br /></div><div align="center"></div><div align="center"><em>di Luca Battista</em></div><div><br />Si parla sempre di qualità dell’architettura rivolgendosi agli addetti del settore: amministratori e progettisti di ogni Ordine e grado. In ogni dibattito che abbia come tema il tessuto urbano esistente, ci si chiede come mai la qualità spesso non faccia parte delle nostre città. E in modo sbrigativo si dà la colpa alla cattiva amministrazione, al profitto e a progettisti senza qualità che<br />esercitano nella loro professione solo il potere del timbro.<br />In buona parte è vero. Ma resta il dubbio: quanta gente vuole veramente la qualità? E che forma ha nella loro testa? Complessa la risposta. Forse sarebbe necessario eseguire un sondaggio<br />di mercato sui gusti e sul livello di percezione della qualità architettonica, proprio come si fa con un detersivo o un’automobile prima del lancio sul mercato. Eppure ci sarà un senso<br />comune dell’Architettura di Qualità. Ci sarà un modo per poterla riconoscere, anche solo per un attimo, senza dover per forza ricorrere ad un call center per effettuare una ricerca a campione?<br />Si può provare a cercare qualche traccia nell’universo visivo dei luoghi comuni della pubblicità. Come sono fatti gli edifici degli spot? Che aspetto hanno i luoghi scelti da fotografi, registi e<br />creativi di ogni genere, per far catalizzare l’attenzione sui prodotti reclamizzati? Chi meglio dei creativi pubblicitari può aiutarci a capire? Per mestiere sono abituati a percepire i luoghi comuni<br />del visivo, e a sintetizzarli e usarli come rafforzativi del messaggio pubblicitario. La loro sintesi non è una scienza esatta, perché la loro professione si muove pur sempre in ambiti fortemente creativi.<br />Ma di certo il loro messaggio visivo deve colpire lo spettatore, emozionandolo e mostrandogli qualcosa che lui possa riconoscere, comprendere e metabolizzare in tempi immediati. Il rapporto tra architettura e pubblicità di questi ultimi anni è molto forte. Tanto per cominciare in diversi spot è possibile riconoscere distintamente la figura dell’architetto. Riconosciamo l’architetto che,<br />gustandosi una brioche Kinder, si prende una pausa dal faticoso disegno che sta realizzando su un anacronistico tecnigrafo. Un altro architetto lo ritroviamo nella donna distinta che firma con Telecom il suo contratto di servizi telefonici aziendali, mentre fissa lo schermo di un computer con il sorriso soddisfatto dei vincenti nel rimirare il suo ultimo progetto. Quindi nell’immaginario collettivo c’è la figura del progettista, che spesso è un architetto. È considerato uomo di gusto e capace di vincere grazie alla forza delle sue idee e della sua creatività. Unica nota dolente di questi spot sono i disegni del progetto presenti al fianco di questi testimonial: un anonimo scatolone ravvivato solo da finestre e porticati fatti in serie.<br />Persino in uno degl’ultimi spot della Wind i comici Aldo, Giovanni e Giacomo sentono la necessità di chiedere una consulenza a “l’architetto Cazzuola”. Nella prima versione lo spot si concludeva<br />con la battuta: “Non è architetto, è geometra!”. Dopo la querela dell’Ordine dei Geometri. la battuta è diventata: “Altro che architetto, se non ha finito nemmeno la scuola materna!”.<br />Ma nella pubblicità odierna, l’immagine del “personaggio” che ama e crea la qualità non è semplicemente una figura idealizzata che vagamente ricorda un architetto. Spesso è<br />rappresentato in carne ed ossa dalle archistars. E così ritroviamo Norman Foster per gli spot degli orologi Rolex, Frank Gehry per i mobili Vitra, OMA per Prada, Michael Graves per il caffè<br />Millston e gli italiani Massimiliano Fuksas, per le automobili Renault, e Renzo Piano per la Lancia. Per capire quanto sia forte questo legame tra architetti e design di qualità nei luogi<br />comuni degli spot pubblicitari basti pensare che il NAI (Netherlands Architecture Institute) di Rotterdam nel maggio del 2005, ha realizzato una mostra proprio dedicata a questo<br />tema dal titolo “Ads & Architect. The architect as a marketing Tool” . Erano presenti 90 esempi di pubblicità, tra spot televisivi e campagne stampa, dove architetti e advertisers si<br />usavano reciprocamente per creare ed accrescere la propria immagine. Non ci resta che passare all’ immaginario architettonico-urbano rappresentato negli spot della tv italiana. Il lessico architettonico della città di New York, poi Parigi come sua antitesi, e a seguire esempi architettonici provenienti da Milano, Roma e Torino.<br />Il caos delle strade di New York e lo skyline dei suoi grattacieli sono ottimali per far luccicare la carrozzeria di qualsiasi auto, per rafforzare il fascino dell’ultima modella chiamata a reclamizzare un orologio, un gioiello o un profumo unisex. Ogni pezzo di quella città appartiene all’immaginario collettivo, forse più per merito del cinema e del fumetto supereroistico che della pubblicità.<br />New York è la città presente nei luoghi comuni del pianeta non solo con i suoi edifici lussuosi, ma anche con i suoi quartieri residenziali popolari, fatti di vicoli stretti, di scale antincendio arrugginite, di serbatoi dell’acqua sui tetti e di idranti ai bordi dei marciapiedi pronti ad esplodere alla prima occasione. E con l’immagine della metropolitana, spesso sede di spot per articoli tecnologici portatili: telefonini, e-book, mp3 e videogames. Gli ambienti sotterranei<br />mostrati sono sempre rivestiti da limpide piastrelle e illuminate da diversi colori.<br />Nelle pubblicità di quest’ultimo periodo New York non è solamente celebrata ma comincia ad essere vista in modo critico, confrontata con<br />spazi più semplici e meno caotici secondo una visione più intimista che negli spot sta prendendo sempre più piede. E così troviamo auto che scappano dal centro in tutta velocità, per poi perdersi in aperta campagna.<br />Parigi negli spot tv è la Tour Eiffel. Poi è anche un insieme di palazzi ottocenteschi con i tetti in rame costellati di romantici lucernai (preferibilmente ovali). E ancora dopo è una città fatta di vicoli pieni di tavolini dei Cafè des Artistes, di lampioni in ghisa, di panchine, aiuole e aree pedonali perfettamente pavimentate. Solo come ultima scelta troviamo la Gare du Nord, l’Operà, le Champ Elise, la Senna e Notre Dame. Un insieme di elementi evocativi di un atmosfera romantica che per Parigi è come una condanna. Abiti firmati e profumi sguazzano in questo tripudio di luoghi comuni del romanticismo.<br />In contrasto a tutto ciò troviamo, negli sfondi delle pubblicità delle automobili francesi, scorci de<br />La Defénse. Un fondale contemporaneo come Le Grande Arc è ottimale per inscatolare le curve sinuose delle utilitari francesi.<br />Potremmo chiederci in che modo i dettagli architettonici delle città come Parigi e New York mostrati nelle pubblicità possano influire sul comune senso della qualità urbana.<br />In un solo modo: rafforzando nell’immaginario collettivo il bisogno di una città con un grande potere iconico. Le nostre città non sono e non saranno mai Parigi o New York. Ma le loro immagini in tv ci ricordano che segni forti o facilmente riconoscibili sono elementi imprescindibili di una qualità (almeno visiva) condivisa. E’ su questo principio che si basano una serie di spot degli anni ’80 e ‘90 dal respiro nazionale dove per promuovere prodotti come i Mondiali di Calcio, la pasta Barilla, o la Coca-Cola, ritroviamo le nostre icone archittettoniche italiane più consolidate: il Duomo della Milano da bere, il Colosseo, il Cuppolone di San Pietro, la Torre di<br />Pisa, il campanile di Piazza San Marco a Venezia, sino ad arrivare con stupore alla Cattedrale di Trani. Tutte queste architetture sono fortemente riconoscibili e come tali nel paese dei luoghi comuni meritano un posto sul podio della qualità architettonica, senza dover aggiungere altro. Ma che accade quando i manufatti architettonici non sono altrettanto immediatamente<br />riconoscibili?<br />In questo caso si ripiega su ambientazioni molto lontane dallo standard urbano che il cittadino medio è abituato a percepire, e che hanno un fascino particolare tale da rafforzare l’immagine del<br />prodotto reclamizzato. Oppure troviamo singoli dettagli architettonici, di qualsiasi genere, tali che da soli riescono ad evocare un’idea di città necessaria a supportare la comunicazione del prodotto.<br />Nel primo caso facciamo l’esempio del quartiere romano disegnato da Gino Coppedè nei primi anni del ‘900 . Diverse case di produzione di spot pubblicitari riconoscono che gli scorci Art Nouveau di questo isolato urbano sono tra le migliori location per pubblicizzare prodotti di design. Sempre nel primo caso troviamo l’austero e metafisico EUR di Roma. Un intera campagna pubblicitaria della Tim, della Lancia si svolgevano in questo quartiere. La storia del set cinematografico stabile più grande d’Italia è narrata nel libro “Eur, si gira. Tra cinema, architettura, fiction e pubblicità la storia e l’immagine di un set unico al mondo”, curato da Laura Delli Colli ed edito dalla casa Lupetti. Nel secondo caso troviamo pezzi di città. Troviamo le ampie vetrate degli aeroporti come Linate, Malpensa, Fiumicino, London Stansted, New York JFK, per poter incorniciare un aereo che è sempre capace di evocare forti emozioni utili al messaggio pubblicitario. Nello spot delle uova pasquali Kinder troviamo uno stuolo di tetti con i coppi<br />rossi, che presto rivedremo ricostruiti in tutto l’Abruzzo terremotato al grido di “Com’era, dov’era!”. Troviamo nonni che parlano di dentiere, pensioni e prestiti, seduti su una panchina di un bellissimo parco verde e attrezzato (pezzi rari nelle nostre città!). Vediamo cassonetti lucidi per la raccolta differenziata che nascondo piccole macchine come la Smart, immense aree pedonali nelle più belle piazze italiane invase da gente sorridente che siede ai tavolini mentre<br />sorseggia uno spritz. Troviamo tappeti di casette all’americana con l’aiuola innanzi alla casa dove il padre di famiglia parcheggia l’auto. Troviamo alcuni distinti quartieri torinesi (palazzi edificati nell’arco della prima metà del ‘900 e non oltre) che sono le quinte sceniche della gran parte degli spot Vodafone. Sempre Vodafone ha pubblicizzato prodotti che regalavano il 30% di telefonate in più, ricorrendo all’immagine di un edificio ampliato nel suo volume in modo staticamente improbabile. Ma dov’è allora l’architettura contemporanea? Ce n’è poca e spesso si vede solo per merito di automobili. Veloci inquadrature dedicate a scorci prospettici di edifici delle archistars,<br />le stesse citate in precedenza. Tra i più quotati c’è Calatrava che con i suoi ponti aerodinamici stimola la fantasia di tutti i creativi dell’advertising. Una menzione particolare va allo spot di qualche anno fa sempre della Vodafone dove la modella Megan Gale pattinava sui tetti del Museo Guggenheim di Bilbao. Dopo questa, sicuramente incompleta carrellata, possiamo dire che<br />nell’immaginario collettivo, o nello scatolone dei luoghi comuni, un surrogato di qualità architettonica c’è! A volte rappresentata in modo distorto ma se non altro menzionata. Si può dire quindi che esiste una comune domanda di qualità urbana, pur non esternata con forza,<br />potenziale e mal formulata.<br />E allora perchè lasciare al caso? La pubblicità ha modificato i nostri comportamenti. In bene se<br />i messaggi e i prodotti pubblicizzati erano buoni, in male se il messaggio era diseducativo e ingannevole. Il regolamento deontologico dell’ Ordine degli Architetti vieta la realizzazione di spot a favore di uno o dell’altro professionista. Ma non vieta la possibilità di pubblicizzare l’architettura e il bisogno di qualità nelle nostre città.<br />E adesso permettetemi una provocazione: perché non chiedere al nostro Ordine Nazionale di pianificare una campagna a largo raggio tutta dedicata alla promozione della qualità urbana e architettonica? Forse solo dopo questa azione qualcuno potrebbe cominciare a pretenderla dalle amministrazioni, o a pagarla il giusto come si fa con un telefonino iperaccessoriato, o un SUV dell’ultima generazione. </div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-68700748086538344242009-07-31T01:00:00.000-07:002009-08-28T09:12:51.636-07:00Arte. Futurismo<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjW3tklYl0sE62RSzGj_XijhV4CHuP45kWIhWvchdr0793nofKqO0qfKZYCEj4IhANLA3wljITzFl6rDYt-LfgTHh3X7osntUjhRWuIIs35daxQBpVtHvkVpqGjsB78uKwPV5TrCtX7Opk/s1600-h/pag_27.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5375034281681442642" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 270px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjW3tklYl0sE62RSzGj_XijhV4CHuP45kWIhWvchdr0793nofKqO0qfKZYCEj4IhANLA3wljITzFl6rDYt-LfgTHh3X7osntUjhRWuIIs35daxQBpVtHvkVpqGjsB78uKwPV5TrCtX7Opk/s400/pag_27.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"><strong><span style="color:#990000;">SPAZI URBANI NELL'ARTE</span></strong><br /></span><strong><span style="font-size:130%;"><em>LE RAFFIGURAZIONI DEGLI SPAZI URBANI NEL TRENTENNIO FUTURISTA</em></span></strong></div><div><em></em></div><div align="center"><em>di Rosa Gorgoglione</em></div><div><br /><em>“Agli artisti giovani d’Italia!<br />Il grido di ribellione che noi lanciamo esprime il violento desiderio<br />che ribolle oggi nelle vene di ogni artista creatore … Siano<br />sepolti i morti dalle più profonde viscere della terra! Sia sgombra<br />di mummie la soglia del Futuro! Largo ai giovani, ai violenti, ai<br />temerari!” </em></div><div>(dal Manifesto dei Pittori Futuristi, 1909) </div><div><br />Siamo agli inizi del ‘900, nell’Europa appena uscita dalla 1° Guerra Mondiale, l’intento maggiore è quello relativo alla ricostruzione ed alla riconversione industriale, scienza e tecnologia vivono<br />una stagione di crescita impetuosa, dalle campagne arriva nuova forza lavoro alle nuove industrie. Questa grande quantità di immigrati costringe la città a cambiare completamente il suo volto sia sul piano urbanistico che della composizione sociale, sorgono nuove periferie,<br />fa la sua comparsa il tram elettrico, nascono le scuole serali. Le città vivono una stagione di trasformazione e di crescita verso una dimensione metropolitana.<br />“Sento che voglio dipingere il nuovo, il frutto del nostro tempo industriale”. Così afferma Umberto Boccioni, uno dei massimi esponenti del Futurismo. L’arte non doveva essere più statica, distante dal reale, ma capace di assimilare nella sua essenza la vita intesa come pulsione vitale. I ritratti rassicuranti della borghesia posti in primo piano rispetto il paesaggio urbano -La signora Massimino e Autoritratto (1908) di Umberto Boccioni- cedono il passo alle rappresentazioni di un tessuto urbano e sociale dinamico, vorticoso, in pieno cambiamento.<br />Ed ecco che il movimento, la luce, la velocità, il volo degli aerei diventano oggetto delle ricerche espressive per i giovani artisti come Boccioni, Carrà, Balla, Severini, Russolo e Marinetti per i quali la città industriale diventa oggetto di interesse e di studio tanto da indurli a<br />sottoscrivere il “Manifesto del Futurismo” pubblicato sul quotidiano francese “Le Figarò” il 20 febbraio del 1909.</div><div>Il documento decretò la nascita del Futurismo proponendo una rinuncia totale del passato ed una nuova visione dell’esperienza umana “.. I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste<br />davanti a noi, noi vorremmo lo spettatore nel centro del quadro”.<br />Il quadro che più di tutti raffigura il risveglio di una moderna città industriale è La città che sale (1910) di Umberto Boccioni. Con questo dipinto l’autore si proponeva di “erigere un nuovo vibrante e dinamico altare alla vita moderna”, la metafora del progresso è evidente sia<br />nel titolo che nelle scene: sullo sfondo si coglie la visione di una periferia urbana in costruzione, nella parte superiore compaiono ciminiere e impalcature, il tutto fuso con gli operai al lavoro ed i<br />cavalli imbizzarriti. E’ la visione di un moto vorticoso inarrestabile, con linee-forza pluridirezionali sullo sfondo, il tutto coinvolto nella vorticosa crescita del cavallo imbizzarrito.<br />Boccioni mette così in risalto alcuni degli elementi più tipici del Futurismo, quali l’esaltazione del lavoro dell’uomo e l’importanza della città moderna plasmata sulle esigenze del nuovo concetto di uomo del futuro, sulla tela non è più rappresentato un istante di movimento ma il movimento stesso che coinvolge l’oggetto e lo spazio in cui esso si muove.<br />Un esempio di immersione totale del soggetto nelle forze vive della città lo troviamo sia in Visioni simultanee (1911) che ne La strada entra nella casa (1911) di Boccioni in cui una donna, affacciandosi al balcone, riceve l’impatto della vorticosa attività umana nella piazza sottostante. In ambedue i quadri gli oggetti si compenetrano, si sovrappongono, si intersecano. Diversa è l’immagine dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda che dipinge Carlo Carrà in Stazione di Milano (1910-1911). Il quadro raffigura come palcoscenico della nuova cultura urbana, la stazione ferroviaria.<br />L’immagine dell’azione umana all’interno di una stazione, con la sua folla di viaggiatori dà l’impressione di una massa anonima e laboriosa: persone esauste per un’esistenza di lavoro. In lontananza si riconoscono alti edifici popolari, con il loro tetto rosso e la facciata semplice e chiara. Domina il centro del dipinto un treno che con la propria ombra scura avanza pesantemente sull’ambiente e sulle persone. La macchina sovrasta e schiaccia l’umanità, relegandola ai margini. Lo stesso Carrà, in Luci notturne (1911) racconta un contesto rituale di socialità urbana diametralmente opposto, nello spirito. All’ineluttabilità della solitudine urbana e alla fatalità del lavoro descritte con accenti espressionisti in Stazione di Milano, contrappone una folla riunita in<br />una piazza cittadina che sosta in un clima di festa e assiste, rapita, a uno spettacolo itinerante.<br />Carrà assegna un ruolo privilegiato alla luce: rispetto alla staticità della folla in contemplazione, i lampioni creano e sostengono dei giochi di luce centrifuga che offrono una certa spinta dinamica a una scena pressoché immobile, un’altra fonte luminosa del dipinto è costituita dagli edifici sullo sfondo che sollevati e brillanti, riempiono la parte superiore della tela.<br />Luigi Russolo ne La strada ferrata (1910), ricorrendo alla tecnica divisionista e ad una gamma cromatica ricca di improvvise dissonanze ritrae l’ambientazione tipica di una desolante periferia urbana fatta di edifici popolari, ferrovie che tagliano lo spazio abitato, ciminiere, fabbriche e fumi. E’ l’immagine tipica della periferia milanese all’inizio del secolo, la strada ferrata rappresenta il vettore di espansione della città, non c’è traccia umana ma se ne avverte la presenza attiva,<br />perché il lavoro è dentro le fabbriche, è accanto alle macchine, ed è incessante.<br />Gino Severini si è interessato molto alla velocità come valore in opposizione all’immobilità del contesto architettonico urbano. Tram in corsa (1913) fa parte di una serie di tre dedicate al tema del tram in movimento che si compenetra con le forme statiche della città. Lo spazio è sconvolto dall’impatto visivo della corsa del veicolo. Le due realtà del tram e della città sono frammentate e frammiste, creando l’insieme caotico entro cui i palazzi vengono risucchiati e inclinati a causa dell’effetto dinamico. Nello stesso periodo Mario Sironi si allontana dal futurismo, nei due quadri Paesaggio urbano (1915-1917) e Paesaggio urbano con tram (1920), non coglie più una scena in movimento ma raffigura una situazione di frontiera, in cui la città si confronta con il suo proliferare verso la periferia. Il paesaggio urbano non è rappresentato con gli elementi che testimoniano una rapida crescita ma è rappresentata una situazione di contrasto, Sironi evidenzia i poderosi volumi delle fabbriche e delle gigantesche ciminiere che si innalzano al cielo<br />contaminandolo con il loro fumo nero. In primo piano corre un tram al cui interno si intuisce la presenza umana, questi ultimi sono elementi minuscoli e insignificanti rispetto all’immane periferia industriale Il terzo ed ultimo decennio futurista vede l’affermarsi dell’aeropittura,<br />risultato del nuovo punto di vista che l’uomo era riuscito a perseguire grazie al volo aereo. La visione aerea cambia le modalità della percezione, costringe l’occhio a un approccio simultaneo. La veduta urbana dall’alto non si riferisce più all’approccio etico, capace di suggerire il posto dell’individuo all’interno della collettività urbana, l’uomo si crede ormai un essere icariano, che domina il mondo ed è destinato a viaggi interplanetari.<br />Nelle opere Studio per “A 300 km sulla città” (1930) e Paesaggio con tre arcobaleni visto dall’alto (Miracolo di luci volando) (1932) di Gerardo Dottori, la visione della città non è più quella degli scenari urbani ma di una città vista dall’alto, con le sue modifiche e le metamorfosi provocate, nel paesaggio rappresentato, dal movimento e dalla velocità di un aereo che lo sorvola.<br />I centri abitati sorvolati dal pilota vengono rappresentati come apparizioni fugaci e transitorie, dettagliate e mutevoli al tempo stesso, per rendere il parossismo della visione dinamica e simultanea concessa dalla velocità.<br />L’esperienza del volo diventa per Tato (Gugliemo Sansoni) occasione per sottolineare la continuità tra l’antico e il moderno, in Sorvolando in spirale il Colosseo (Spiralata) (1930) l’elevazione dell’aereo nei cieli finisce per dare rilievo all’elevazione architettonica del monumento.<br />La città di Milano, che con la sua aura di modernità mitteleuropea ha stimolato lo spirito futurista facendo da sfondo alla prima stagione del movimento, ha dedicato dal 6 Febbraio al 7 Giugno 2009 una mostra in occasione del centenario della nascita del Futurismo.<br />Le opere d’arte non solo trasmettono un piacere visivo, ma forniscono un prezioso aiuto alla comprensione della molteplice realtà che ci circonda, sembra quasi che i Futuristi siano tornati per vedere che fine ha fatto l’eredità che ci hanno lasciato, loro che volevano ridisegnare l’intero ambito dell’esperienza umana in una chiave inedita, ci spingono ad interrogarci sullo stato del nostro futuro.<br />La città è un organismo vivo, non costituito solo da edifici, ma da uomini. Le strade, le piazze, i palazzi sono il substrato su cui i cittadini costruiscono le loro relazioni sociali. Partendo dalla consapevolezza che la loro conformazione può rallentare o favorire lo sviluppo di tali<br />relazioni, ma non impedirle, diventa fondamentale la qualità degli spazi urbani che ci circondano per la “costruzione” della qualità dei rapporti e della nostra vita sociale.</div><div></div><div><br />Bibliografia<br />• Angelo d’Orsi «Il Futurismo tra cultura e politica. Reazione o rivoluzione?»,<br />Editore Salerno, Roma 2009;<br />• G. Lista «Futurismo. Velocità e dinamismo espressivo», Santarcangelo di<br />Romagna, KeyBook/Rusconi libri srl, 2002;<br />• G. Lista, A. Masoero, a cura di, «Futurismo 1909-2009. Velocità+Arte+Azione»,<br />Catalogo della mostra, Palazzo Reale, Skira, Milano 2009.</div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-72738895574182340132009-07-30T23:30:00.000-07:002009-08-28T09:14:46.271-07:00Eventi. Mario Botta a Copertino<div align="center"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8qtUdV-znS0AfvcChMizY5L8R_qqvg_rm95IFAy0MWTURWi0xUkmmdHJDp0uDNCk6vaRfsgqjbBTdExv7RXN8zyixQpjNetb_w4P6fvIKiNMFOrDKNKkFv2uQ059vxWtPr44um3dgmd0/s1600-h/pag_29.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5375036990343271602" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 300px; CURSOR: hand; HEIGHT: 373px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8qtUdV-znS0AfvcChMizY5L8R_qqvg_rm95IFAy0MWTURWi0xUkmmdHJDp0uDNCk6vaRfsgqjbBTdExv7RXN8zyixQpjNetb_w4P6fvIKiNMFOrDKNKkFv2uQ059vxWtPr44um3dgmd0/s400/pag_29.jpg" border="0" /></a> <strong><span style="font-size:130%;"><br /></span><span style="font-size:180%;color:#990000;">PROBLEMI APERTI... DELL'ARCHITETTURA CONTEMPORANEA</span></strong> <div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><em>MARIO BOTTA: ARCHITETTURA E SPAZI URBANI COME MEMORIA COLLETTIVA</em></span></strong></div><br /><div align="center"><strong><em><span style="font-size:130%;"></span></em></strong></div><br /><div align="center"><em>di Anna Esilia Gigante</em><br /></div><br /><div align="left"><br />Sullo sfondo delle mura della sala angioina del castello di Copertino, l’architetto Mario Botta (Accademia di Architettura di Mendrisio – Università della Svizzera Italiana) presentato<br />dal Prof. Fabio Minazzi (Università degli Studi dell’Insubria), ha fatto scorrere le immagini di alcune delle sue più importanti realizzazioni, tra cui: Biblioteca Municipale a Dortmund, Germania; Galleria d’arte contemporanea Watari-Um a Tokyo, Giappone; Chiesa Beato Giovanni XXIII a Seriate, Italia; nuova parrocchia del Santo Volto a Torino, Italia; Cantina Petra a Suvereto, Italia; Torre Kyobo a Seoul, Corea del Sud.</div><div align="left">La conferenza è stata organizzata il 4 maggio 2009 dalla Città di Copertino all’interno di Intellégo (problemi aperti del pensiero contemporaneo - VIII ciclo), una rassegna di incontri culturali<br />patrocinata da Unione dei Comuni Union 3, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Università del Salento, Regione Puglia, Provincia di Lecce, Istituto “G. Comi” di Tricase e Istituto “E. Medi” di Galatone.<br />Non si riesce a restare indifferenti davanti alle architetture di Mario Botta e, ancora meno, dalla sua capacità di raccontarle o, meglio, di raccontare dell’Architettura, quella con la “A” maiuscola che tocca i punti cruciali del nostro vivere e del nostro relazionarci con il mondo e con gli altri. In effetti, l’architetto afferma subito, senza mezzi termini, che dei vari aspetti dell’architettura, lui vuole affrontare quello più intimo: “la vocazione ad essere espressione della cultura del tempo<br />in cui si colloca”. L’architettura è il riflesso della storia al di là della forza espressiva del singolo architetto, a cui si deve riconoscere un proprio linguaggio. L’architettura, per Botta, è quindi espressione formale del tempo, traduzione in “segno” dell’economia e della tecnologia ma, soprattutto, dell’organizzazione sociale, ed è atto che trasforma il paesaggio: mettere una pietra sul suolo significa passare da una condizione di natura ad una condizione artificiale.<br />Il segno architettonico, indipendentemente dalla funzione a cui risponde, è, in definitiva, atto di cultura! E questo atto, continua Botta, non è neutro “l’architettura è per la città o contro la città;<br />si costruisce per la città se si consolidano i valori collettivi e la dimensione collettiva e il fatto architettonico diventa tassello per la realizzazione di un territorio più ampio; si costruisce contro se ogni elemento ha una sua autonomia ed è slegato dal contesto”. L’organismo architettonico<br />così inserito nel territorio, diventa parte della memoria collettiva: ciò che lega con un filo<br />rosso l’architettura attraverso il tempo e lo spazio, è la sua carica simbolica, cioè il segno<br />che parla e viene riconosciuto e letto come icona; ad esempio un museo non è solo una somma di spazi vuoti pronti ad accogliere opere d’arte, ma diventa parte integrante dell’immagine di una città e della sua storia ed entra così inconsapevolmente nella storia di tutti i suoi cittadini.<br />La relazione, percorrendo e indagando il contesto territoriale/paesaggistico, è approdata su un suolo più labile e soggetttivo: la filosofia. Il salto è stato semplice ma non immediato.<br />L’architettura è per l’Uomo: non solo per colui che ne usufruisce direttamente, ma anche per<br />chi riconoscendola, ricorda! L’uomo vive di emozioni, ha bisogno di affermare la propria identità e tutto ciò è strettamente legato con il “ricordo” e con l’appartenenza ad un territorio piuttosto che ad un altro e alla sua “memoria”. “L’uomo è uno storico dipendente: esisto perché mi ricordo! Se non avessi la memoria non esisterei”. </div><div align="left">Immagine, simmetria, segno collettivo: l’architettura ha un valore iconico imprescindibile. Primo compito per noi è non dimenticare il bisogno ancestrale dell’uomo di possedere una memoria. Siamo chiamati a ragionare sugli aspetti funzionali e tecnologici del fare architettura ma anche “a porsi domande sulla riconoscibilità, sul significato e sulla memoria di uno spazio: queste le vere scommesse sulle quali siamo chiamati ad agire!” perché se riconosci ti orienti e questo ti rassicura, e se sei sicuro vivi meglio; non a caso si preferisce la qualità degli spazi e della vivibilità dei centri storici piuttosto che delle periferie, “le città dei morti piuttosto che le città nuove”. La qualità di un fatto architettonico dipende quindi da altri fattori oltre le funzioni e le tecnologie utilizzate: “l’architettura è come un dono offerto e la sua qualità non è nell’impianto o nel volume<br />ma nelle relazioni spaziali che si stabiliscono fra questo volume e l’intorno e nella sua capacità di suscitare un’emozione”. Oggi siamo scontenti della nostra architettura e anche se la qualità di un intervento non è valutabile in termini tecnici, possiamo affermare che le nostre città non soddisfano più i nostri veri bisogni: comunicare, emozionarci, relazionarci. “Con l’architettura non possiamo cambiare il mondo ma possiamo cambiare l’architettura, cioè possiamo dare il nostro contributo e far sì che ci sia un po’ più di gioia di vivere attraverso la qualità degli spazi”. Sono gli spazi collettivi quelli che l’architetto Botta, ha sottolineato più volte, mancano nelle città di oggi. Che lo spazio, il vuoto sia il protagonista dell’architettura, a pensarci bene, è in fondo anche naturale: perché l’architettura non è solo arte, non è solo immagine di vita storica o di vita vissuta da noi e da altri; è anche e soprattutto l’ambiente, la scena ove la nostra vita si svolge. (Bruno Zevi: Saper vedere l’architettura).<br />La mancanza di qualità nelle nostre periferie urbane e nel nostro fare architettura, forse è dipesa dall’ansia di aver voluto cercare risposte a domande imposte dal mercato, dal numero crescente<br />di abitanti e dall’economia più che dal nostro modo di vivere. Sono i bisogni primordiali dell’uomo che sono passati in secondo piano lasciando emergere solo quelli legati alla tecnologia. Dovremmo invertire la tendenza e creare più luoghi di incontro che luoghi “funzionali” e provare a “sollevare<br />domande più che trovare risposte!”. Non a caso l’architetto Botta, raccontando della sua scuola,<br />sottolinea il ruolo fondamentale che giocano le discipline umanistiche nella formazione di un<br />professionista e della sua capacità di allenare il pensiero e il ragionamento. La conclusione<br />potrebbe spontaneamente sfociare in una semplice uguaglianza: qualità dell’architettura = qualità del pensare l’architettura! Non posso non aggiungere (senza esimermi da un “mea culpa”) che la traduzione di un pensiero sull’Architettura, per quanto “alto” possa essere, non sempre corrisponde all’Architettura…e mi viene in mente che, forse, aveva ragione Louis I. Khan: L’Architettura non esiste. Esiste solo l’opera di un architetto. </div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-10056873668897214732009-07-30T23:00:00.000-07:002009-08-28T09:13:22.732-07:00Interventi. Giovanni M. Tridico<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVwUL7Y2a4cSF5mWBpwwK2MKGUioWVXuAxM2ZB4JzeezQBr-0U77rgwveovzvfxXsm6wMNsX7D6jrJcQJAFpPMlifd0UKwjfIUah3d0kdIKGR9uuYfe5hbSJ1YpQoWUQF108wxXww_sUk/s1600-h/pag_31.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5375038501432022882" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 339px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVwUL7Y2a4cSF5mWBpwwK2MKGUioWVXuAxM2ZB4JzeezQBr-0U77rgwveovzvfxXsm6wMNsX7D6jrJcQJAFpPMlifd0UKwjfIUah3d0kdIKGR9uuYfe5hbSJ1YpQoWUQF108wxXww_sUk/s400/pag_31.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:180%;color:#990000;">REALISMI E RAZIONALISMI</span></strong><br /></div><div align="center"><br /><em>di Giovanni Massimo Tridico</em></div><br /><br /><br /><br />A circa trent’anni dalla scomparsa sia di Anna Magnani che di Vittorio De Sica è doveroso un omaggio ideale al padre del cinema Italiano. Fu come “regista galantuomo” che Vittorio De<br />Sica si distinse , nel dopo guerra , a partire dal film “Ladri di biciclette” del 1948 . La pellicola, ben interpretata dal garagista Lamberto Maggiorani e dal piccolo Enzo Staiola (il quale sarà commovente interprete del film “Il Ferroviere” diretto da Pietro Germi), fece subito discutere. L’opera, girata in rigoroso bianco e nero (visti i modestissimi mezzi economici a disposizione della produzione) , fece scalpore sia per i contenuti che per i pochi incassi ai botteghini. Il film, negli<br />anni dopo la seconda guerra mondiale , fu frettolosamente criticato e superficialmente censurato anche dal mondo politico. Infatti , per la Democrazia Cristiana dell’epoca, il “Neorealismo” dei vari registi Roberto Rossellini (“Roma città aperta” e “Paisà”), Luchino Visconti (“La terra trema”), Pier Paolo Pasolini (“Accattone” e il “Vangelo secondo Matteo”), Fellini (“La strada”) e Vittorio De Sica ( il quale suscitò ancora più scandalo con le pellicole “Sciuscià” ed “Umberto<br />D.”), cominciava a diventare scomodo e fastidioso. Basti pensare che in seguito all’uscita del film “Ladri di biciclette” , intervenne persino l’Onorevole Giulio Andreotti (già sottosegretario al Ministero della Cultura all’epoca della inaugurazione di “Cinecittà in Roma”) tramite una “sottile e sibillina” missiva con la quale si criticava l’operato del regista Vittorio De Sica e lo si invitava “garbatamente” a “lavare i panni sporchi in casa” astenendosi dall’esportare il film all’estero.<br />Comunque, a parte la censura politica democristiana, il nuovo linguaggio cinematografico del “Neorealismo” (che trasmetteva immagini di vita quotidiana : dove i registi “giravano” le loro storie fuori dai teatri di posa, in mezzo alla gente, nelle città e nelle campagne che portavano ancora i segni indelebili della seconda guerra mondiale e che spesso si avvalevano di attori<br />non professionisti) seppe svilupparsi “con successo” anche fuori dall’Italia. Negli anni sessanta, dopo anni di carestia e di scarso successo, De Sica riuscì al fine a trionfare con i premiati film “La ciociara” (film desunto dal romanzo di Alberto Moravia , dove Sofia Loren vinse l’oscar come migliore attrice ) ed “Il giardino dei Finzi- Contini” (pellicola tratta dal famoso romanzo di<br />Giorgio Bassani dove si narrano con coraggio le alterne vicende di una agiata famiglia ebrea<br />di Ferrara , la quale viene sconvolta dagli orrori delle leggi razziali volute dal Fascismo del Duce Mussolini).<br />In campo artistico il movimento che accomunò spiritualmente scrittori, pittori e registi , fu il “Realismo sociale”che maturò nel clima drammatico del post-seconda guerra mondiale e che si realizzò nel periodo storico immediatamente seguente la conclusione del conflitto bellico. In questo periodo emerge la forte personalità del siciliano Renato Guttuso (1912-1987) . L’artista, come De Sica e gli altri registi Neorealisti, fu autore di grandi opere pittoriche –dal contenuto<br />narrativo e sociale – che fecero subito molto scandalo suscitando un vespaio di polemiche : “L’eruzione dell’Etna” , “L’occupazione delle terre” e “Crocifissione” giusto per citarne alcune. Nonostante la spiccata bravura tecnica, dal segno vigoroso e dai colori intensi (come le ferite della popolazione civile che innocentemente era rimasta vittima dei sogni allucinanti del regime Fascista), con accenti pittorici che richiamavano la sintesi cubista del famoso Pablo Picasso. Persino lo scultore “Leoncillo” , con una immagine plastica in terracotta policroma di una donna uccisa dai nazisti, probabilmente ispirata ad un fatto di cronaca a cui l’artista aveva assistito, preannuncia il “Realismo drammatico” di Roberto Rossellini (amante dell’attrice Anna Magnani della quale nel 2009 si celebra il centenario dalla nascita) il quale girerà i suoi primi film (pellicole-documentari sulla guerra del mare: “Uomini sul fondo” ed “Alfa tau”) , in collaborazione con il “Comandante” della M.M. Francesco De Robertis, persino nei capannoni della ex Stazione Torpediniere nell’Arsenale di Taranto. In campo architettonico, invece, a partire gia dal 1930, assistiamo agli anni del “Razionalismo.” Come dimenticare le opere del “Gruppo 7” ed il Movimento italiano per l’architettura razionale (MIAR). Sono gli anni di Giovanni Michelucci (Stazione di Santa Maria Novella, 1933-35 Firenze) ed anche dell’Arch. Marcello Piacentini e della “città Universitaria” . Per gli edifici universitari vengono selezionati, dal Piacentini, alcuni tra i maggiori architetti italiani dell’epoca: Giuseppe Pagano (1896-1945) direttore della rivista “Casabella”, per l’Istituto di Fisica, Pietro Aschieri (1889-1952), romano, e per quello di Chimica, Giò Ponti (1897-1979) milanese - direttore della rivista “Domus” ed<br />autore ispirato della Concattedrale di Taranto. Un’opera questa, progettata a cavallo degli anni ’70 voluta dall’Arcivescovo Guglielmo Motolese , si caratterizza per un verticalismo di modello gotico e per un bianco candore della “Vela” e delle facciate esterne (“Era come se il mondo stesso, scrollandosi di dosso la sua vecchiezza, si rivestisse d’un bianco mantello di cattedrali” –citazione di Rodolfo il Glabro , monaco e cronista dell’XI secolo) . Essenzialmente la “Vela”, come cita il critico Luigi Moretti, è una facciata sul cielo. A questo proposito lo stesso Ponti dice: “Ho pensato: due facciate. Una, la minore, salendo la scalinata, con le porte per accedere alla chiesa. L’altra , la maggiore, accessibile solo allo sguardo e al vento: una facciata “per l’aria”, con ottanta finestre aperte sull’immenso, che è la dimensione del mistero”.<br /><br /><br /><br />Bibliografia essenziale:<br />“Cinema sul fondo” del CSC, Centro studi cinematografici di Roma, di Cosimo<br />Battista e Massimo Causo, Provincia di Taranto, Ass. alla Programmazione<br />Culturale;<br />“Storia dell’Arte Italiana”, di Carlo Bertelli, Giuliano Briganti e Antonio Giuliano,<br />Electa -Mondatori, 1992;<br />“Grandi Peccatori, grandi Cattedrali”, di Cesare Marchi, Rizzoli, Milano 1987;<br />“Giò Ponti, l’opera”, di Lisa Licitra Ponti, Leonardo Editore, Milano 1990.ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-78856145625291565972009-07-30T22:00:00.000-07:002009-08-28T09:14:59.674-07:00Interventi. Nunzio Leone<div align="center"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSvuxYmEOA0q6Y_OBrk7VsAnFeEtUl5zkeAeIJ1GOmhyphenhypheni628RiUO0XANglgQo_H9969hwcRi-JYTmmJGBcndmx25_Fbk1NB92raOt6LWI0Dh9uc8V56Ver4lqos08dB7soq9Jf37faRq8/s1600-h/sicurezza_lavoro.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5375040433109658610" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 400px; CURSOR: hand; HEIGHT: 196px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSvuxYmEOA0q6Y_OBrk7VsAnFeEtUl5zkeAeIJ1GOmhyphenhypheni628RiUO0XANglgQo_H9969hwcRi-JYTmmJGBcndmx25_Fbk1NB92raOt6LWI0Dh9uc8V56Ver4lqos08dB7soq9Jf37faRq8/s400/sicurezza_lavoro.jpg" border="0" /></a> <strong><span style="font-size:130%;"><br /></span><span style="font-size:180%;color:#990000;">LA SICUREZZA NEI CANTIERI EDILI</span></strong><br /><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><em>LO SVILUPPO DELLA CULTURA DELLA SICUREZZA ATTRAVERSO L'AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE</em></span></strong></div><br /><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"></span></strong><br /><em>di Nunzio Leone</em></div><div align="left"><br /><br />Anche quest’anno in occasione della celebrazione della Festa del Lavoro, il primo maggio 2009 al Quirinale, il Presidente della Repubblica ha voluto sottolineare i temi del valore del lavoro, della tutela del lavoro, dei diritti del lavoro e tra essi, la garanzia della sicurezza nei luoghi di lavoro.<br />Questo tema era stato il tema conduttore della Festa del 1° maggio 2008, davvero all’indomani della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del d.lgs. 81/08, il Testo Unico) e tale tema non scompare nel contesto odierno perché, anche se il dato delle morti bianche è sceso nel 2008, sotto la soglia dei 1.200 casi l’anno, ed è un segnale positivo ma non ancora sufficiente, tuttavia il fenomeno degli incidenti sul lavoro continua ad essere un fatto “dolorosissimo e inquietante”.<br />Ma l’inquilino del più alto colle della città eterna ha dato voce ad una riflessione strisciante, quella in virtù della quale la sicurezza del lavoro può abbassare la guardia e si corre il rischio di vedere una riduzione della tutele e una sottovalutazione del fenomeno infortunistico a causa delle difficoltà della crisi economica che spinge l’ economia e i datori di lavoro committenti a ricorrere più facilmente al “sommerso” e comunque al lavoro irregolare, in special modo all’impiego illegale<br />di immigrati.<br />Ecco perché tutte le iniziative di diffusione della cultura della prevenzione e della formazione al ruolo sono da salutare con attenzione ed apprezzamento.<br />L’Ordine degli Architetti di Taranto ha promosso l’aggiornamento professionale delle figure del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione dei lavori.<br />Non v’è dubbio infatti che le figure coinvolte nell’organizzazione della sicurezza e nel sistema di prevenzione protezione aziendale devono formarsi e tale obbligo si estende anche alle attività di refresh o di aggiornamento.<br />In tale contesto, il TUS (il Testo Unico della Sicurezza,) ha recato, nel nostro ordinamento la novità, che però sia gli RSPP che gli ASPP conoscevano dall’accordo Stato – Regioni del 2006, stipulato in attuazione del d.lgs. 195/03.<br />La novità risiede da un lato nella verifica dell’apprendimento del percorso formativo (il corso della durata di 120 ore), nonché dell’obbligo di aggiornamento per i coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori nei cantieri temporanei o mobili.<br />Tale aggiornamento conosce una cadenza quinquennale ed un numero di ore, che vengono distribuite nell’arco del quinquennio e vengono definite, nell’Allegato IV del TUS in 40 ore, quinquennio che decorre dall’entrata in vigore del dlgs. 81/08, vale a dire il 15<br />maggio 2008 e quindi fino al 15 maggio 20013.<br />Sono sorti dei problemi circa la decorrenza del predetto obbligo di aggiornamento e sulle modalità attraverso le quali assicurare il corretto svolgimento dell’attività formativa ed in modo particolare se l’attività formativa debba essere diluita in un numero di ore per anno, ovvero in un’unica soluzione di 40 ore che “spalmeranno” la loro validità sull’intero quinquennio.<br />In realtà l’allegato XIV del TUS, ha rimodulato i contenuti minimi del corso di formazione per i coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori ed ha previsto per le stesse figure<br />professionali, già formate, un aggiornamento specifico, definendo<br />la cadenza quinquennale e il numero di ore complessive, pari a 40, senza specificare i dettagli circa il contenuto dell’aggiornamento, ovvero fornire ulteriori indicazioni circa le modalità di organizzazione dei corsi, omettendo di individuare i soggetti idonei a deliberare sull’argomento ovvero i soggetti legittimati ad erogare l’attività formativa di aggiornamento.<br />In qualche maniera siamo ritornati all’esperienza del d.lgs.195 del 2003, emanato a seguito della sanzione irrogata dalla Corte di Giustizia europea al nostro paese per insufficiente recepimento della direttiva madre, all’art. 7, quello relativo alla individuazione delle capacità e dei requisiti professionali degli RSPP ed ASPP. Ma il 195 individuava nella Conferenza Stato - Regioni l’idonea<br />sede decisionale in grado di assicurare adeguati indirizzi circa le modalità ed ai contenuti dei corsi di aggiornamento rivolti alle figura professionali del servizio di prevenzione e protezione.<br />Ebbene la Conferenza Stato-Regioni, con deprecabile ritardo, aveva sancito due Accordi in tema, rispettivamente nel gennaio e nell’ottobre del 2006.<br />Circa i corsi di aggiornamento, l’intesa del gennaio definiva, al punto 3, i contenuti e la durata di tale attività, fissando in 40 o 60 ore per i RSPP, con la variabile del macrosettore Ateco, , e in 28 per gli ASPP. L’accordo statuiva, altresì la possibilità della FAD per l’aggiornamento, mentre l’accordo dell’ottobre annotava che la decorrenza del quinquennio di aggiornamento, era fissata dalla data di conseguimento della laurea triennale e/o della data di conclusione del modulo B e/o<br />dalla data di conclusione dell’aggiornamento previsto per coloro che possono fruire dell’esonero.<br />Quanto ai soggetti formatori autorizzati allo svolgimento dei corsi di aggiornamento, si ribadiva che erano gli stessi autorizzati ed indicati dall’art. 2, comma 3, del D. Lgs. 195/03 e al punto 4 dell’Accordo (del 26 gennaio 2006).<br />L’accordo definiva altresì che il monte ore complessivo di aggiornamento può essere distribuito nel quinquennio. A queste norme dovrà rimenarsi in attesa che, sulla questione dell’aggiornamento dei coordinatori introdotto dall’allegato XIV, si formi idonea regolamentazione in sede di Conferenza Stato-Regioni.<br />Dovranno essere considerati diversi parametri quali l’esonero dalla formazione base, in ossequio a quanto statuito nell’art. 32 e la circostanza, abbastanza diffusa nel settore, che operano professionisti che hanno frequentato tale corso di formazione, quando la direttiva cantieri vide la luce (ed è trascorso oltre un decennio) e esistono ancora, il TUS ha escluso quest’ipotesi, di soggetti che hanno frequentato, in verità nella nostra realtà il dato è sconosciuto, il corso<br />o di durata ridotta di 60 ore.<br />È intuitivo se non auspicabile che i criteri già sperimentati per gli RSPP verranno estesi ai coordinatori e che le ore dovranno essere distribuite nel quinquennio.<br />Si dovrà specificare l’efficacia della FAD, che appare sconsigliabile per i coordinatori, sui soggetti che possono allestire le attività, le modalità di svolgimento, la presenza minima garantita, il numero massimo dei partecipanti.<br />È legittimo, se non quasi un percorso obbligato, ritenere che si opererà in analogia con gli accordi del 2006.<br />Le numerose edizioni dei corsi si sono svolte nella sede dell’Ordine tarantino e durante quest’attività formativa sono stati passati in rassegna gli elementi di novità e le criticità sorte con l’abrogazione della direttiva cantieri e con la trasposizioni delle norme in tema di sicurezza nel cantiere edile, ovvero temporanei e mobili nel Titolo IV del TUS.<br />La partecipazione degli architetti tarantini à stata ampia e l’interesse notevole, nella diffusa<br />consapevolezza che i tecnici e i professionisti sono i principali partners della sicurezza nel sistema di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a partire dal cantiere edile.<br />Durante l’attività di formazione e di aggiornamento sono stati approfonditi i profili dei soggetti<br />coinvolti, i livelli di responsabilità, le diverse forme di sanzioni, penali ed amministrative, ma tutto il percorso formativo è stato orientato ad una nuova presa in carico del fenomeno infortunistico, sia nel senso di costo sociale sia nel senso di costi per l’impresa.<br />Si è fatto strada la valenza della formazione e del processo educativo che deve permeare il rapporto di lavoro, a partire dal contratto d’appalto, ma anche gli esempi e le sanzioni per modificare abitudini e comportamenti.<br />Un giusto mix di norme giuridiche e di modelli comportamentali. Così si lavora per la crescita culturale e per quella professionale che è il nuovo viatico per un paese moderno e civile.<br />Chi salva una vita salva l’umanità, recitava un antico proverbio popolare.<br />È proprio il caso di dire che è vero, ma per raggiungere quest’obiettivo c’è da sviluppare cultura<br />della sicurezza, della prevenzione e della legalità., un trittico davvero vincente.</div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5498346003188850793.post-58663561725354203852009-07-30T21:00:00.000-07:002009-08-28T09:15:18.989-07:00Report delle attività<div align="center"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdmTcn2mdjfBHxDt0VFMISHQCnwc_VCJ7DaeLun6yCKRp9Wmnb2B2dg_3alX0tiXDZEJ07JIvW2jKexi4BZk4aG505OckNTtAL2tjUJrLlRUUBPCahT6k5d63jQGytooZut_VxqnVtxNs/s1600-h/Logo.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5375043874294513618" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 75px; CURSOR: hand; HEIGHT: 68px; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdmTcn2mdjfBHxDt0VFMISHQCnwc_VCJ7DaeLun6yCKRp9Wmnb2B2dg_3alX0tiXDZEJ07JIvW2jKexi4BZk4aG505OckNTtAL2tjUJrLlRUUBPCahT6k5d63jQGytooZut_VxqnVtxNs/s400/Logo.jpg" border="0" /></a> </div><div align="center"><strong><span style="font-size:180%;color:#990000;">REPORT DELLE ATTIVITA'</span></strong><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:130%;"><em>RIEPILOGO DEI PRINCIPALI EVENTI RIGUARDANTI L'ORDINE</em></span></strong></div><strong><span style="font-size:130%;"></span></strong><br /><div align="center"><br /><em>a cura del Consiglio dell'Ordine</em></div><em><br /><div align="left"><br /></em><br />Cari colleghi, siamo ormai arrivati al termine del nostro mandato, e abbiamo ritenuto doveroso informare con un report finale, suddiviso in annualità, sul sintetico operato del Consiglio: una varietà di iniziative realizzate con l’indispensabile sostegno degli iscritti che hanno collaborato alla crescita professionale dell’Ordine.<br />Al rinnovo delle sue cariche nell’ottobre del 2005, il Consiglio ha voluto intraprendere un percorso di dialogo con il territorio, aderendo, così, alla tendenza internazionale per la creazione di una rete democratica urbana, con lo scopo di raccogliere e divulgare messaggi sulla figura dell’architetto e sull’esercizio della sua professione. Una nuova sede, non a caso ubicata accanto alla prestigiosa opera di Gio Ponti, ha ospitato i nostri incontri, reso possibile una serie di attività, grazie alle avanzate attrezzature tecnologiche e agli arredi di qualità e design di cui è stata dotata. Dedicando professionalità e tempo a questo mandato, abbiamo tentato di mantenere fede al programma elettorale e il lavoro, sino ad ora prodotto, è soprattutto il risultato di un direttivo dinamico che ha basato il proprio operato sull’affidamento di deleghe interne ed esterne al Consiglio, un fatto di assoluta novità e democrazia. Attraverso la struttura dei Dipartimenti, si è tentato di suscitare l’interesse e la partecipazione attiva dell’intera società civile, cercando il confronto con gli altri ordini professionali, le associazioni di categoria e le pubbliche amministrazioni, superando la settorialità, convergendo gli interessi e rivelando inaspettate sinergie utili all’intera comunità. Il trovato riscontro dei professionisti di questo territorio e di tutti coloro che si sono lasciati coinvolgere è stato per i più giovani un esempio di solidarietà, comprensione e stima reciproca, consentendo il confronto delle idee, la condivisione delle esperienze e dei saperi, l’ampliamento delle conoscenze. Inoltre si è voluto porre l’attenzione<br />sull’importanza della formazione e dell’aggiornamento professionale, quali strumenti imprescindibili per lo svolgimento della professione, supportata ormai dai nuovi mezzi informatici e dal sistema di rete telematica. Lo spirito di condivisione, il confronto tra colleghi, il dialogo con le istituzioni, sono semplicemente il punto di partenza dal quale, ci auspichiamo, il prossimo organo direttivo predisponga, in uno spirito di continuità, le future attività.</div><br /><div align="left"><br /><em>Il Presidente e il Consiglio</em></div><br /><div align="left"><em></em></div><br /><div align="left"></div><br /><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;">2005</span></strong></div><div align="left"><strong>Novembre. </strong>Incontri itineranti con gli Iscritti della provincia tarantina presso i principali comuni di Castellaneta, Grottaglie, Manduria, Martina Franca e Taranto per presentare il<br />Documento Programmatico del nuovo Consiglio.<br /><strong>Dicembre.</strong>Convegno Comunicare l’Architettura - 30 anni - Continuità e Nuove Prospettive dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Taranto per comunicare la valenza<br />trentennale dell’Ordine, il ruolo istituzionale, la presenza dei suoi numerosi iscritti. Un riconoscimento ai trentanni di presenza a Taranto dell’eccellente opera di Gio Ponti, la<br />Concattedrale, e ai primi Iscritti all’Ordine della provincia ionica (1975). Ospiti esterni: Lisa e Giulio Ponti.</div><br /><div align="left"></div><br /><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;">2006</span></strong></div><div align="left"><strong>Gennaio.</strong> Redazione Documento contenente “Osservazioni e Proposte” Definizione del Documento Strategico della Regione Puglia per il periodo 2007/2013 – Forum “Sviluppo Urbano Sostenibile”, formulato congiuntamente ad ANCE Taranto, Confindustria Taranto, Ordine degli Ingegneri e Collegio dei Geometri della Provincia di Taranto.<br />Collaborazione alla verifica e alla redazione del Bando di Concorso per la riqualificazione dell’area antistante il Palazzo Marchesale sito nel comune di Montemesola.<br /><strong>17 febbraio.</strong> Avvio Incontri del Tavolo Tecnico sulla Sicurezza coordinati dalla Scuola Edile di Taranto.<br /><strong>13 febbraio. </strong>Incontro istituzionale presso la Provincia di Taranto per l’approvazione del Piano di Assetto Idrogeologico. Aspetti gestionali e normativi.<br /><strong>21 febbraio.</strong> Incontro degli Iscritti con il collega Giovanni Narracci, consulente dell’Assessorato di Programmazione e Assetto del Territorio della provincia di Taranto per illustrare le fasi<br />di costituzione e di gestione della banca dati del SIT e del PTCP.<br /><strong>2 marzo.</strong> Partecipazione al Convegno di Studio sulla Pianificazione Comunale Sostenibile organizzato dal Comune di Palagianello.<br /><strong>3 marzo.</strong> Patrocinio per il Convegno La Certificazione Energetica degli Edifici: la proposta del serramento in PVC, organizzato da NURITH e con la partecipazione del Centro di<br />Informazione sul PVC.<br /><strong>15 marzo.</strong> Contributo tecnico per il Forum organizzato da Confindustria sulla Progettazione Sostenibile.<br /><strong>06 aprile.</strong> Presentazione Proposta alla Soprintendenza Archeologica della Puglia di un Piano di Valorizzazione dei Beni Culturali nell’ambito del D.L.22/01/2004.<br /><strong>20 aprile.</strong> Contributo di idee sul Piano Energetico Ambientale Regionale – P.E.A.R. Puglia.<br /><strong>12 maggio.</strong> Patrocinio per il Corso di aggiornamento Progettare Edifici Ecosostenibili, organizzato con la partecipazione di NURITH e POLIBEK.<br /><strong>15 maggio.</strong> Incontro degli Iscritti per la conoscenza diretta e documentata del Piano di Assetto Idrogeologico.<br /><strong>27 maggio.</strong> Presentazione agli Iscritti del Piano Regolatore del Porto a cura dell’ing. Domenico Daraio (Responsabile del Procedimento) e del collega Sergio Scarcia (Affidatario del<br />Servizio).<br /><strong>21 maggio. </strong>Patrocinio al Convegno Metodo e Qualità nella Programmazione Urbanistica organizzato dalla associazione temporanea Architetti di Martina, con la partecipazione dell’arch.<br />tti Francesca Calace e Giulio Ponti .<br /><strong>15 maggio.</strong> Patrocinio e collaborazione con la VESTAS all’organizzazione del Convegno Lo Sviluppo delle Energie Rinnovabili – un’opportunità per la Puglia.<br /><strong>25 maggio.</strong> Accordo di collaborazione tra il Comune di Martina Franca (Settore Urbanistico), gli Ordini degli Architetti P.P.C., degli Ingegneri e dei Dottori Agronomi e Forestali, i Collegi<br />dei Geometri e dei Periti Agrari e Periti Laureati della Provincia di Taranto, per la semplificazione dei procedimenti edilizi.<br /><strong>26 maggio.</strong> Illustrazione delle caratteristiche del servizio di Posta Elettronica Certificata dai responsabili della W-ENTERPRISE<br /><strong>29 giugno.</strong> Patrocinio al Seminario sul tema Pietre Naturali e Materiali alternativi organizzato da Confindustria Taranto<br /><strong>8 giugno.</strong> Serata Giordana, Evento culturale estivo per la diffusione di messaggi di architettura mondiale, con la partecipazione del collega giordano Ibrahim Badran.<br />9 giugno Avvio Corso per Consulenti Tecnici d’Ufficio e di Parte con la collaborazione di UNIVERSAL MASTER.<br /><strong>22 giugno.</strong> Inaugurazione della Nuova Sede dell’Ordine e presentazione del progetto Sicurinstrada organizzato dalla VIBROTEK.<br /><strong>13 settembre.</strong> visita guidata all’Isola di San Paolo, con gli intervento della dott.ssa M.A. Gorgoglione (Soprintendenza per i beni Archeologici della Puglia), arch. A. Ressa (Soprintendenza ai BB. AA. PSAE. prov. di Lecce–Brindisi–Taranto), Comandante G. Bartolacci (Fondazione Marittima Ammiraglio Michelagnoli Onlus), prof. G. D’Onghia (Dipartimento<br />di Zoologia – Università degli Studi di Bari), prof. G. Mastronuzzi (Dipartimento di Geologia e Geofisica - Università degli Studi di Bari), Dott. F. Rubino ( C.N.R.-I.A.M.C.<br />Talassografico “A.Cerruti” di Taranto), prof. M. Scionti (Politecnico di Bari), prof. P. Medagli (Dipartimento Biologia Università degli Studi di Lecce), arch. Luigi Costantini e<br />arch. Egidio Patarino.<br /><strong>28 settembre.</strong> Patrocinio per il Master di Illuminotecnica a cura dell’associazione CIELOBUIO.<br /><strong>30 settembre.</strong> Incontro degli Iscritti con il Senatore Battafarano, responsabile della Segreteria Tecnica del Ministero del Lavoro, per discutere sul Futuro della Professioni Liberali alla luce</div><div align="left">delle indicazioni contenute nel Decreto Bersani.<br /><strong>3 ottobre.</strong> Avvio incontri degli Iscritti con il collega Angelo Galli, delegato INARCASSA, per affrontare le problematiche relative alle pratiche previdenziali.<br /><strong>6 ottobre.</strong> Patrocinio per il corso di formazione Gli Edifici a Energia zero – Costruire con EPS per il Rispetto dell’Ambiente, organizzato dall’Associazione Italiana Poliestere Espanso.<br /><strong>9 ottobre.</strong> Accordo di collaborazione tra il Comune di Taranto (Direzione e Gestione Amministrativa Risorse Territoriali e Ambientali, Area Specialistica Urbanistica-Edilizia), gli Ordini degli Architetti P.P.C., degli Ingegneri, i Collegi dei Geometri e dei Periti Industriali della Provincia di Taranto e l’Ordine dei Geologi della Regione Puglia, per migliorare il<br />funzionamento del SUE (Sportello Unico per l’Edilizia).<br /><strong>19 ottobre.</strong> Osservazioni allo schema di disegno di legge relativo alla Riforma dell’Ordinamento delle Professioni Intellettuali presentato dal Consiglio Nazionale degli Architetti.<br /><strong>26 ottobre.</strong> Incontro degli Iscritti con l’arch. Nicola Ruccia, esperto in Risorse Comunitarie del Comune di Taranto, per anticipare le modalità di utilizzo dei finanziamenti POR 2007-13.<br /><strong>28 ottobre.</strong> Incontro degli Iscritti con il collega Terenzio Lo Martire, presidente della associazione culturale “Comunità Puglia/Basilicata”, sulle Nuove Tecniche di Sviluppo Sostenibile del Territorio.<br /><strong>Ottobre-Novembre.</strong> Costituzione C.O.V.I.C. COmitato promotore per la tutela, Valorizzazione e salvaguardia delle Isole Cheradi, coordinato dal Dipartimento Politiche Ambientali costituito<br />da: Fondazione Marittima Ammiraglio Michelagnoli Onlus, Associazione Nave Museo Vittorio Veneto, C.N.R., CRSEC, Università degli Studi di Bari, Politecnico di Bari, Università degli Studi di Lecce, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia,Soprintendenza ai BB. AA. PSAE. prov. di Lecce – Brindisi – Taranto.<br /><strong>10 novembre.</strong> Adesione alla manifestazione di sensibilizzazione cittadina Taranto Rinasce organizzata dal Comitato Taranto, 18 Ottobre, per sollecitare Regione, Governo e Imprese ad<br />affrontare l’emergenza finanziaria determinata dal dissesto comunale.<br /><strong>6 novembre.</strong> Rinnovo adesione ai Progetti Formativi POR Puglia 2000-06 organizzati dall’Ente di Istruzione Professionale ENAIP Puglia.<br /><strong>30 novembre.</strong> Incontro del Consiglio con tutti gli Iscritti e i Rappresentanti d’area dei Comuni di Crispiano, Martina Franca, Monteiasi e Statte, presso Palazzo Ruggieri di Martina Franca.<br /><strong>15/17 dicembre.</strong> Patrocinio al Salone dell’Edilizia e delle Energie Alternative EDILPRO 2006 di Galatina (LE)</div><div align="left"></div><div align="left"></div><div align="left"></div><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;">2007</span></strong><br /><strong>17 gennaio.</strong> Richiesta della storica Torre D’Ayala quale Nuova Sede dell’Ordine Architetti congiuntamente all’Ordine degli Ingegneri e al Collegio dei Geometri della Provincia di Taranto<br /><strong>Gennaio-Febbraio.</strong> Partecipazione alle Giornate della Condivisione dei Programmi Integrati di Riqualificazione delle Periferie organizzati dai comuni di Faggiano, Monteparano, Monteiasi, Statte e Taranto.<br />Istituzione di una Commissioni Temporanea per l’Aggiornamento Elenco Prezzi della Regione Puglia sulle opere di restauro, coordinata dal Segretario su delega del Consiglio<br /><strong>22 genn/4febb.</strong> Patrocinio al Seminario Ai Margini 2007 relativo all’ applicazione dell’Architettura Ecosostenibile al Sud a cura del collega Bernardo D’Ippolito responsabile di KINO WORKSHOP.<br /><strong>27 febbraio.</strong> Avvio Incontri con gli Iscritti di approfondimento tematico sulla Pianificazione Strategica di Territoriale 2007-13.<br /><strong>6 marzo.</strong> Adesione al Premio Nazionale di Idee Architettura Cultura e Sport.<br /><strong>28 marzo.</strong> Patrocinio all’Incontro Tecnico Acustica e Antincendio organizzato da ERACLIT.<br /><strong>18 aprile.</strong> Incontro del Consiglio con gli Iscritti e i Rappresentanti d’Area dei comuni di Castellaneta, Ginosa, Laterza, Massafra, Mottola, Palagianello e Palagiano presso il Palazzo<br />Vescovile di Castellaneta.<br /><strong>19 aprile.</strong> Partecipazione al Convegno “South Italy: Infrastruttura e Brand per lo Sviluppo Sostenibile del Turismo meridionale”, “Gli Attrattori Turistici per lo Sviluppo Sostenibile del<br />territorio”, organizzato dalla Regione Puglia Assessorato al Turismo e Industria Alberghiera.<br /><strong>20 aprile.</strong> Avvio Corso di Formazione sul Nuovo Codice dei Contratti pubblici alla luce del Decreto Legislativo 12 aprile 2006 n.163 organizzato con la collaborazione dell’Associazione<br />Giovani Ingegneri di Taranto.<br /><strong>24 aprile.</strong> Avvio Incontri, con gli Iscritti, di approfondimento tematico sulla Pianificazione Strategica di Area Vasta.<br /><strong>4/11 maggio.</strong> Accoglienza nella città di Taranto della delegazione degli architetti di Bilbao, presentazione Progetto Taranto per la valorizzazione turistico-culturale, con attività di<br />riqualificazione urbana; successiva visita alla città di Martina Franca.<br /><strong>24 maggio.</strong> Partecipazione al Convegno Musei del mare: Opportunità per lo sviluppo di Taranto organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali –MIBAC e la Regione Puglia.<br />12 giugno Patrocinio al Seminario tecnico Costruire in Edilizia del Benessere organizzato da KERAKOLL.<br /><strong>20 giugno.</strong> Convegno “Urbanistica Pianificata” con la partecipazione dell’Assessore Angela Barbanente e del Dirigente Settore Piero Cavalcoli Assetto del Territorio della Regione<br />Puglia, e l’ing. Carmelo Torre rappresentante INU Puglia.<br /><strong>22 giugno.</strong> Incontro formativo “Marcatura CE e Risparmio Energetico”organizzato con la collaborazione della COSTELL.<br /><strong>Luglio. </strong>Corso Cadx3000 Professional 2008 per l’apprendimento delle funzioni del software di disegno tecnico.<br /><strong>18 luglio.</strong> Lettera inviata all’On. Antonio Di Pietro relativa al Decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 – Codice dei Contratti Pubblici.<br /><strong>7 agosto.</strong> Proposta per la costituzione di un Osservatorio Scientifico Permanente per la promozione di un percorso metodologico partecipativo alla Pianificazione di Area Vasta<br />Tarantina.<br /><strong>Settembre.</strong> Osservazioni e contributi alla proposta di Delibera, formulata dalla Direzione Urbanistica Edilità del Comune di Taranto, per semplificare l’esame istruttorio delle domande di<br />Condono Edilizio non ancora definite da provvedimento conclusivo.<br /><strong>22 ottobre</strong> .Partner del Convegno sul Patrimonio di Architettura Industriale a Taranto Cattedrali del Mare con: Fondazione Marittima Ammiraglio Michelagnoli Onlus, CNR-IBAM Lecce, AIPAI Puglia, Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto.<br /><strong>23 Ottobre.</strong> Raccolta firme per adesione alla proposta di legge d’iniziativa popolare per la riforma dell’ Ordinamento delle Professioni Intellettuali<br /><strong>25 ottobre.</strong> Approvazione e adeguamento delle nuove tariffe applicate ai diritti di segreteria degli atti comunali per le pratiche edilizie ed urbanistiche in seguito al ricorso al TAR per la<br />delibera n.462 del 19.01.2007 del Comune di Taranto sull’aumento spropositato delle tariffe. Il dissenso è stato manifestato congiuntamente all’Ordine degli Ingegneri e al Collegio dei Geometri della Provincia di Taranto.<br /><strong>Ottobre.</strong> Partner del Progetto Dispersione Scolastica a cura del Consorzio Solidale.<br /><strong>7 novembre.</strong> Raccolta di adesioni per la costituzione di un Comitato Tecnico Scientifico da proporre all’Ufficio Unico di Piano Strategico dell’Area Vasta Tarantina.<br /><strong>11 novembre.</strong> Osservazioni e Contributi alla bozza di Programma di Adempimenti ed Iniziative in Materia di Governo del Territorio e Urbanistica fornita dall’Assessorato Urbanistica ed<br />Edilità del Comune di Taranto.<br /><strong>15 novembre.</strong> Patrocinio all’Incontro tecnico Sistemi radianti e comfort ambientale: l’impiantistica invisibile nelle case a basso consumo organizzato da VELTA ITALIA.<br /><strong>29 novembre.</strong> Incontro con gli Iscritti presso il Palazzo Vescovile di Castellaneta per discutere della Pianificazione Strategica Territoriale del versante Occidentale Tarantino.<br /><strong>17 dicembre.</strong> Presentazione del Progetto @rconline: il Portale degli Architetti in Puglia e delle attività di aggiornamento professionale presenti sul portale. Premiazione del Concorso di idee Le Città Sostenibili delle Bambine e dei Bambini e inaugurazione della Mostra con consegna del volume di pubblicazione dei progetti.<br />Partecipazione al Convegno di presentazione del Piano Urbanistico Generale del comune di Castellaneta.</div><div align="left"></div><div align="left"></div><div align="left"></div><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;">2008</span></strong></div><div align="left"><strong>14 gennaio.</strong> Adesione al Progetto Leonardo per l’assegnazione di borse di studio per tirocinanti transnazionali.<br /><strong>15 gennaio.</strong> Presentato al Comune di Martina Franca il documento di Osservazioni al Centro Storico di Martina Franca durante il Consiglio Comunale Monotematico.<br /><strong>30 gennaio.</strong> Partecipazione ai Tavoli di Concertazione del Piano Strategico La Murgia dei Trulli.<br /><strong>7/9 febbraio.</strong> Partecipazione al VII Congresso Nazionale degli Architetti a Palermo dal tema Democrazia Urbana per la Qualità.<br /><strong>15 febbraio.</strong> Seminario tecnico Risanamento definitivo delle murature con Patologia di umidità di risalita organizzato con la collaborazione di AQUAPOL.<br /><strong>22 febbraio.</strong> Patrocinio all’Evento Solarmente - Sentieri alternativi verso nuove energie a cura del collega Bernardo D’Ippolito responsabile del KINO WORKSHOP.<br /><strong>27 febbraio.</strong> Presentazione contributo dell’Osservatorio Scientifico Permanente per l’Area Vasta Tarantina al Convegno “Una città di nove Comuni”- Il Piano Strategico dei Comuni<br />dell’Unione di Montedoro, San Marzano e Sava.<br /><strong>10 marzo.</strong> Incontro formativo Strumenti Operativi per la RI-Progettazione Urbana organizzato con la collaborazione della VIBROTEK.<br /><strong>Marzo-Aprile.</strong> Partner del Progetto La città Possibile, organizzato dalla Provincia di Taranto, dal Teatro Pubblico Pugliese e dal Teatro Crest, incontro con l’arch. Pierluigi Cervellati e con<br />l’arch. Bernardo Rossi Doria.<br /><strong>11 aprile.</strong> Avvio Corsi di apprendimento a distanza del Progetto @rchonline.<br /><strong>12 maggio.</strong> Corso di formazione sulla Certificazione Energetica degli Edifici organizzato in collaborazione con ANALIST GRUOP.<br />Attivazione di una Convenzione con la RIMO Editore per accedere gratuitamente alla Banca sulla Normativa Tecnica.<br /><strong>20 maggio.</strong> Avvio Ufficio Consortile Politiche Abitative (U.Co.P.A.), costituito da Comune di Taranto, Istituto Autonomo Case Popolari (IACP), SUNIA - SICET - UNIAT – ANCE, Ordine<br />degli Architetti - Ordine degli Ingegneri - Collegio dei Geometri.<br /><strong>28 maggio.</strong> Contributo all’iniziativa di Programmazione tra Regione e Comuni organizzata dal Settore Programmazione e Assetto del Territorio della Provincia di Taranto.<br /><strong>12 giugno.</strong> Seminario tecnico I Piani del Colore per i Centri Storici organizzato in collaborazione con SIKKENS.<br /><strong>20 giugno.</strong> Presentato all’Assessorato all’Urbanistica e alla Direzione Urbanistica ed Edilità del comune di Taranto il documento Osservazioni e Proposte alla D.C.C. di Taranto n°65<br />recante Linee Programmatiche per il contenimento dell’espansione urbanistica del territorio e l’avvio al PUG.<br /><strong>25 giugno.</strong> Evento culturale, presso il MARTA Museo Nazionale Archeologico di Taranto, per la presentazione del Video Documentario Taranto, Transmitting Architecture – Tracce di<br />Memoria presentato al XXIII Congresso Mondiale di Architettura di Torino realizzato con il Patrocinio della Regione Puglia-Assessorato al Turismo ed Industria Alberghiera,<br />della Provincia e del Comune di Taranto.<br /><strong>Luglio.</strong> Partecipazione al XXIII Congresso Mondiale degli Architetti a Torino dal tema Transmitting Architecture.<br /><strong>16 luglio.</strong> Avvio Convenzioni stipulate con il Comune di Taranto, finalizzate alla pratica formativa di professionisti iscritti all’Albo da meno di 10 anni, attraverso lo svolgimento di stage<br />di collaborazione gratuita.<br /><strong>Luglio-Agosto.</strong> Partecipazione ai Forum Assemblea degli Associati organizzati dall’Area Vasta Tarantina ed elaborazione dei contributi tecnici.<br /><strong>18 settembre.</strong> Contributo metodologico-scientifico al Forum dello Sviluppo organizzato dal partenariato economico sociale della provincia di Taranto.<br /><strong>25 settembre.</strong> Patrocinio al Seminario Tecnico General Solar PV organizzato da GENERAL MEMBRANE.<br /><strong>29 ottobre.</strong> Istituzione di una Commissione temporanea per la revisione del Regolamento Edilizio del Comune di Taranto coordinata dal Dipartimento Politiche Territoriali.<br /><strong>21 novembre.</strong> Patrocinio al Convegno Ri-Qualificazione Energetica degli Edifici organizzato da POLIBECK.<br /><strong>1 dicembre.</strong> Partecipazione Tavolo Istituzionale sulla Musealizzazione Nave Museo Vittorio Veneto organizzato dall’Assessorato al Turismo ed Industria Alberghiera della Regione Puglia.<br /><strong>12 dicembre.</strong> Patrocinio al Convegno Verde Urbano e Biodiversità organizzato dalla LIPU.<br /><strong>17 dicembre.</strong> Seminario tecnico sul software di progettazione tridimensionale ArchiCAD 12 della SOFTWARE HOUSE CIGRAPH.</div><div align="left"></div><div align="left"></div><div align="left"></div><div align="left"><strong><span style="font-size:130%;">2009</span></strong><br /><strong>24 gennaio.</strong> Incontro dei Presidenti degli Ordini Architetti di Puglia presso la nostra sede per discutere sulla formazione di un organismo rappresentativo degli Ordini pugliesi e della<br />presenza un rappresentante nella delegazione consultiva regionale presso la Conferenza degli Ordini.</div><div align="left"><strong>Gennaio.</strong> Convenzione con l’Agenzia del Territorio per la consultazione telematica della Banca Dati.<br /><strong>19 febbraio.</strong> Uscita della Rivista ARCHITETTITARANTO (dopo circa 6 anni di sospensione), quadrimestrale di cultura e informazione del nostro Ordine, fortemente voluta dal Consiglio e<br />dagli Iscritti che hanno ricostituito la nuova redazione.<br /><strong>3 Febbraio.</strong> Sottoscrizione delle osservazioni in merito alla Autorizzazione Integrata Ambientale di ILVA Taranto, con i Sindaci di Taranto e Statte ed il “pubblico ionico interessato”<br />costituito da associazioni ambientaliste e culturali, comitati, sindacati, ordini professionali, associazioni di categoria ed altri organismi ionici.<br /><strong>Febbraio. </strong>Patrocinio e adesione al Concorso di Idee Le Città Sostenibili delle Bambine e dei Bambini bandito dal ROTARY CLUB del Comune di Manduria e dal Comune di Manduria.<br />Segnalazione di arbitraria discriminazione per l’esclusione della categoria di architetto da n.3 Bandi Pubblici emessi dalle amministrazioni comunali di Grottaglie,di Mottola e<br />dall’Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione di Bari.<br /><strong>Marzo. </strong>Nuovo Sito Internet www.architettitaranto.it a cura di Gianluca Lomartire.<br />Avvio Corsi di Aggiornamento relativi al D.Lgs 81/08.<br />2 marzo Partecipazione al “Progetto città”, incontro-confronto con l’Assessore all’Urbanistica ed Edilità del Comune di Taranto, dott. Cervellera, e altri soggetti di categoria.<br /><strong>25 marzo.</strong> Attivazione del blog Rivista ArchitettiTaranto consultabile online all’indirizzo http://architettitarantoblog.blogspot.com<br /><strong>22 aprile.</strong> Giornata di presentazione del Ciclo di Seminari tecnici denominato Qualità del Progetto, Qualità del Prodotto, Qualità dell’Opera, organizzato da Confindustria Taranto con il<br />Patrocinio degli Ordini Architetti, Ingegneri e Collegio Geometri della Provincia di Taranto.<br /><strong>7 maggio.</strong> Seminario tecnico sul tema Dal D.Lgs 494/96 al Testo Unico di Sicurezza: novità e criticità realizzato in collaborazione con l’Assessorato Lavori Pubblici del Comune di<br />Taranto, la Direzione Provinciale del Lavoro di Taranto, l’Ordine degli Ingegneri della provincia di Taranto.<br /><strong>11 maggio.</strong> Sottoscrizione abbonamento per il servizio di consultazione gratuita on line della Normativa Tecnica UNI – Costruzione Serie Progettisti.<br />Istituzione delle Commissioni Avvisi di Gara e Bandi (per la verifica dei suddetti) e Concorsi di Idee ( per la loro promozione) coordinati dal Dipartimento Politiche Formative<br />e Aggiornamento.<br /><strong>28 maggio.</strong> Corso di formazione La Cultura nel Recupero La Tecnologia al Servizio della Tradizione organizzato in collaborazione con il CR&RC Centro Restauro e Recupero Campano.<br /><strong>Giugno.</strong> Avvio delle procedure di attivazione dei servizi di firma digitale FD e delle caselle certificate PEC @pec.archiworld.it, come predisposto dalla Legge n. 2 del 28.01.2009, per<br />agevolare una serie di attività presso le Pubbliche Amministrazioni.<br />Corso per le Funzioni RSPP, in fase di organizzazione.<br /><strong>Luglio. </strong>Convegno di Urbanistica, in fase di organizzazione.<br /><strong>29 luglio.</strong> Partner del progetto dell’associazione LABuat per la crezione nella Città Vecchia di Taranto di un laboratorio di progettazione partecipata.<br /><strong>Ottobre.</strong> Stampa Albo in formato digitale</div></div>ArchitettiTarantohttp://www.blogger.com/profile/16489852454492915386noreply@blogger.com0